Democrazia federalismo e moderatismo alla prova della Prima guerra dindipendenza italiana

 

1)I sovrani insediatisi nel periodo successivo ai moti costituzionali e democratici organizzati dalla Carboneria nei primi anni '20 dell'800 misero mano a cauti tentativi di miglioramento della situazione dei propri domini, da cui restò escluso il solo Stato pontificio, che non a caso nel 1831 conobbe una sorta di prosecuzione di quelle turbolenze, col risultato di rafforzare le inclinazioni reazionarie di Gregorio XVI (1765-1846), eletto poco dopo.

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2) Nel Granducato di Toscana Leopoldo II (1797-1870; in carica dal 1824), figlio del già pressoché liberale Ferdinando III, ne proseguì la politica illuminata riducendo la tassa sulla carne e varando «un piano di opere pubbliche che prevedeva la continuazione della bonifica della Maremma […], l'ampliamento del porto di Livorno, la costruzione di nuove strade [e di una rete ferroviaria], un primo sviluppo delle attività turistiche (allora chiamate "industria del forestiero") e lo sfruttamento delle miniere del granducato. Dal punto di vista politico, il governo di Leopoldo II fu in quegli anni il più mite e tollerante negli stati italiani: la censura, affidata al dotto e mite Padre Mauro Bernardini da Cutigliano, non ebbe molte occasioni di operare e molti esponenti della cultura italiana del tempo, perseguitati o che non trovavano l'ambiente ideale in patria, poterono trovare asilo in Toscana»;

3) nel Regno delle Due Sicilie Ferdinando II (1810-59; in carica dal 1830), figlio di Francesco I (1777-1830; in carica dal 1825), provvide alla «liberalizzazione dei rapporti commerciali con la Sicilia» ed alla riduzione dell'«opprimente burocrazia degli uffici statali, […] distribuì fra 50 comuni le terre destinate al pascolo dei regi armenti, abolì la tassa sul macinato, ridusse i molti privilegi della nobiltà, […] condonò la pena a molti detenuti politici, […] espulse dall'amministrazione molti elementi di origine sanfedista e reintegrò in servizio i migliori ufficiali e uomini politici che avevano servito Gioacchino Murat»;

4) nel Regno di Sardegna Carlo Alberto (1798-1849; in carica dal 1831) «abrogò le esenzioni doganali privilegiate per la famiglia reale e per le cariche dello Stato, abolì la tortura, proibì le ingiurie ai cadaveri dei giustiziati e abolì la confisca dei beni dei condannati. Analogamente, in campo economico, Carlo Alberto rinnovò il commercio, ciò che consentì investimenti in campo agricolo, della viabilità stradale e ferroviaria e delle infrastrutture portuali a Genova e Savona. Nello specifico, i provvedimenti del Re che consentirono questi investimenti furono: una riduzione delle tasse doganali per il grano (per il quale scesero da 9 a 3 lire il quintale), per il carbone, per i tessuti e per i metalli; una facilitazione nell'importazione dei macchinari per l'industria; e la possibilità di esportare la seta grezza. Questa politica portò ovviamente a minori entrate nel settore dei dazi ma favorì altre entrate del bilancio dello Stato che, dal 1835, risultò in attivo per diversi anni».

5) Perfino nel "regno Lombardo-Veneto", per quanto costretto nel «ruolo subordinato di un paese fornitore di materie prime», la tradizionale buona amministrazione austriaca «contribuì a creare condizioni favorevoli allo sviluppo. Esemplari, per l'epoca, l'ordinamento amministrativo e la legisla-zione civile […]; buona la rete stradale, curate le scuole, anche quelle elementari. Dopo il 1840 le prime costruzioni ferroviarie e l'impianto di alcuni nuclei industriali incoraggiarono l'afflusso del capitale straniero, soprattutto nel settore tessile e in quello metalmeccanico»...

 

 

  

 

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