Carlo VIII a Firenze

 

1) L'inesorabile trasformazione dei Comuni in Signorie, dovuta essenzialmente ai loro contrasti interni, e la politica espansionistica delle più forti tra di esse, avevano determinato la drastica semplificazione della conformazione politica della penisola italiana, con la formazione di Stati "regionali", simili, dal punto di vista "formale" – relativa neutralità nei confronti dei conflitti di classe, funzionalità di burocrazia ed esercito all'accentramento del potere, spesa pubblica sostenuta con le imposizioni fiscali –, a quelli che, più o meno contemporaneamente, si stavano formando in Francia, Inghilterra e Spagna, ma differenti, sul piano "contenutistico", per il non comprendere la totalità della nazione, che restava, di conseguenza, frammentata.

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2) Questa circostanza, che avrebbe comportato la debolezza del nostro paese e la sua esposizione al controllo straniero – anche perché le dimensioni persino dei più potenti fra quelli «non permettevano di raccogliere risorse finanziarie pari a quelle dei sovrani francesi o spagnoli» –, era dipesa paradossalmente proprio dalla vivacità dello sviluppo economico basso-medievale, che aveva comportato la formazione di una borghesia non concentrata, come nel resto dell'Europa, in poche città, ma diffusa in una molteplicità di centri di potere locale reciprocamente contrapposti ed immersi in un gioco di mutevolissime alleanze – fra i quali si sarebbero imposti, inglobando molte realtà minori a partire dalla fine del '300, il Ducato di Milano, la Repubblica di Firenze, la Repubblica di Venezia, lo Stato della Chiesa ed il Regno di Napoli; nessuno dei quali sarebbe riuscito a prevalere sugli altri perché, ogni qualvolta che si era profilato il rischio di una situazione del genere, «gli altri si erano coalizzati contro di esso».

 

3) È peraltro interessante notare che, mentre gli ultimi due si erano costituiti "dall'alto", gli altri Stati derivavano pur sempre dall'esperienza "democratica" di autorganizzazione dal basso dei Comuni tardomedievali, a cui avrebbe posto fine la costituzione del regime oligarchico di Venezia e la trasformazione in principati di Milano e Firenze

 

4) Sul piano giuridico tale trasformazione, che sanciva il riconoscimento delle nuove istituzioni da parte dell'Impero e del Papato, metteva fine a quella che, nel loro quadro politico, era stata un'anomalia dissolutrice; nella realtà concreta, però, esse non furono certo sottomesse ad istituzioni che nemmeno nei momenti più gloriosi del loro passato avevano mai avuto il vigore delle nuove formazioni statali europei, e la cui "prestigiosa" legittimazione formale ebbe più che altro la funzione di giustificare la struttura discendente e non ascendente del nuovo potere, che con il conferire al Principe il diritto di trasmetterlo dinasticamente apparentava ulteriormente i "nuovi" Stati regionali italiani a quelli europei

 

 

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