Mobilità 2024: Qui tutti gli esiti dei trasferimenti provinciali e interprovinciali per il prossimo a.s. 2024-25 !
#Mobilità2024 Pubblichiamo gli elenchi dei trasferimenti a seguito delle operazioni di mobilità per tutti gli ordini di scuola Infanzia, Primaria, Secondaria di I e II Grado con tutti...
Riallineamento Carriera Docenti: ecco come fare per velocizzare gli scatti di anzianità
Recuperare gli anni di servizio di preruolo non conteggiati nella ricostruzione di carriera è possibile ed utile ad accelerare il passaggio al successivo gradone di anzianità con conseguente aumento...
Mobilità 2023: Tutti gli esiti dei trasferimenti provinciali e interprovinciali.
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Maturità 2023: emanata l'ordinanza
II 9 Marzo il ministro Valditara ha emanato l'ordinanza ministeriale che disciplina lo svolgimento dell'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione per l'anno scolastico. Confermate...
La specificazione delle sinistre italiane nell'ultimo quarto dell'800
1) Verso la metà degli anni '70 dell'800 si verificò una ridefinizione del quadro politico italiano: al perdere di compattezza della "Destra storica", che tese a dividersi in...
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Con questo tutorial voglio mettere a disposizione dei lettori la possibilità di ripetere, modificare, usare un progetto fatto a scuola e che utilizza un bot Telegram, un pò di informatica (un google sheet e un google script) e tanta tanta fantasia.
L’idea è quella di creare un generatore casuale di favole, permettere cioè ai ragazzi di creare delle favole rispettando dei criteri comuni (incipit, presentazione dei protagonisti, arrivo dell’antagonista, arrivo dell’eroe, soluzione ed epilogo) presi ad esempio da quello che è lo schema di Propp.
Il tutorial che segue prende lo spunto da alcuni articoli ed attività trovate in rete e recuperabili nei link che seguono:
- Telegram bot with apps script
- Telegram, google scripts e discogs in classe di Francesco Piersoft Paolicelli
- Generazione casuale di relazioni didattiche di Francesco Piersoft Paolicelli.
L’esperienza è già stata fatta e può ad esempio, essere vista sul canale telegram @Smontafavole_bot.
Il tutorial avrà più fasi distinte
- Creazione di un bot su Telegram
- Creazione del google sheet
- Creazione dello script
- Collegamenti e conclusioni
Creazione del bot telegram
Do per scontato che abbiate Telegram installato sul vostro smartphone. Se non lo avete fatto, fatelo immediatamente, se non altro per i divertentissimi stickers.
Cercate il bot che si chiama Botfather (@BotFather) e vi apparirà questa finestra
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In genere quando scrivo su Professionisti Scuola Network racconto storie, idee, esperienze lasciando abbastanza fuori quell’idea di tutorial che in larga parte si è diffusa sulla rete e che, tuttavia, spesso aiuta i colleghi a mettere su sperimentazioni validissime.
Questa volta vado contro e, sotto forma di tutorial, vi racconto un’esperienza fatta in una seconda media con la mia collega di matematica e scienze, la prof.ssa Rosanna Dell’Università, che ha scritto come me le poche righe che state leggendo.
Ci siamo accorti di quanto spesso sia infruttuoso pretendere uno studio mnemonico della fisica, soprattutto alle scuole medie. In particolare, anche la mera spiegazione, per quanto chiara e dettagliata, se resta su un piano teorico e verbale non resta impressa nella mente degli studenti che non hanno, a questa età, la dovuta capacità di astrazione per immaginare i meccanismi propri della fisica sperimentale.
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Sono cresciuto pieno di idee libertarie che hanno preso corpo in me anno dopo anno. Ho vissuto il crollo dei muri in quel 1989 che non sfuggirà mai dalla mia memoria; nel quotidiano l’idea di muro mi avvilisce, mi fa sentire costretto, schiavo delle consuetudini e nella pratica di insegnante mi succede lo stesso.
Mi viene in mente il TED EX di Matera, quando il mio amico Piersoft Paolicelli si chiese chi fosse stato Leibniz. A chiederlo in giro rischieremmo di avere risposte davvero variegate: qualcuno ci parlerebbe della sua matematica e del calcolo infinitesimale, croce e delizia degli studenti; altri ricorderebbero il suo essere filosofo, la sua capacità logica di pensatore che tanto ha fatto scrivere negli anni.
In ognuna di queste visioni, tuttavia, esiste proprio la sua idea di “monadi”, infatti in ognuna di queste risposte non vediamo il riflesso di Leibniz nel nostro mondo, nel nostro essere consapevoli del suo pensiero. Ed ecco che nasce la necessità di un’etichetta, di una categoria, di una forma in cui identificare il nostro amico, che, dal canto suo, sono certo, non si sia mai posto questo problema.
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In fondo siamo tutti dei mezzi Conti Mascetti.
“Ecco. Questa è la zingarata. Una partenza senza meta e senza scopi. Che può durare un giorno, due o una settimana.”
Siamo partiti così. Ispirati dal generatore casuale di relazioni didattiche di Antonio Fini. Piersoft ne ha fatto un BOT Telegram. Il passaggio alla politica è stato immediato. Come se fosse Antani. Non certo per disprezzo, ma per naturale diletto.
Il BOT è un automa e data la natura della zingarata, questa ci è sembrata un’occasione speciale per ragionare sulle quintessenze evanescenti.
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Cosa possono un buon amico, un computer ed un divano è davvero difficile da dire. I bambini dormivano già e a mezzanotte passata siamo rimasti io, Francesco Piersoft Paolicelli ed il suo mac estensione del suo intelletto. È bastata una domanda - PIERO COSA SONO GLI OPEN DATA? - per farmi aprire una porta su un mondo nuovo con incredibili percorsi da esplorare e percorrere.
Cosa sono gli OPEN DATA? Beh ve lo faccio raccontare da Piersoft direttamente.
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Capita, a volte, che le cose migliori nascano da una sconfitta o da un momento di riflessione. È quello che è successo nella mia III D. In un momento difficile del nostro rapporto mi sono accorto di come il mio atteggiamento disincantato ed informale, che da sempre tengo con i miei ragazzi, non sortisse l'effetto voluto. La libertà di apprendimento, la libertà di studiare senza l'assillo del voto, dell'interrogazione, dei compiti assegnati a casa, avrebbe dovuto nella mia idea sviluppare autonomia, capacità di autoapprendimento, capacità di raggiungere il risultato organizzandosi il lavoro da soli. Una didattica siffatta però, ha la necessità di essere costantemente valutata, alimentata e controllata.
In questo caso la situazione mi è evidentemente sfuggita di mano visto che ho notato nei ragazzi un eccessivo rilassamento con conseguente allontanamento da quelli che erano i loro doveri di studenti. In un confronto onesto, ma allo stesso tempo acceso ed intenso, abbiamo scoperto le carte e ho manifestato la mia volontà di recuperare una didattica tradizionale, fatta di lezioni frontali di assegno e di compiti a casa, necessaria, a mio dire, per recuperare e raggiungere i risultati prefissati.
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A volte ci sono pomeriggi in cui la noia rischia di farla da padrona. Ed è proprio in questi pomeriggi che gestire un bambino di sei anni, con la sua voglia di vivere, con le sue energie inesauribili rischia di diventare un'impresa titanica.
Certo si potrebbe ricorrere a Santa Madre televisione, o dare a mio figlio il tablet con i videogiochi visto che è più bravo di me in molti di quelli che abbiamo scaricato insieme.
Ma nonostante io sia un gamer appassionato e un fruitore di Videogiochi la decisione non sempre mi piace, soprattutto quando riguarda mio figlio.
E allora ecco l'idea è venuta a cavallo delle ali di una mosca fastidiosa che gironzolava in cucina dopo che avevamo finito di mangiare e lavare i piatti. Perché non costruiamo una mosca simpatica? Perché non costruiamo un insetto che si muova da solo? - Papà mi stai dicendo che costruiremo un robot? Certo amore mio proprio un robot.
L'attività che vi presento e che spero ripetiate, nasce proprio in questa maniera.
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..continua da Coding e Robotica: una nuova didattica è possibile? I parte
Il dipinto in foto si chiama “l’imbuto di Norimberga” ed era affisso nelle scuole tedesche tra il XV ed il XVI secolo. Mi è stato mostrato dal mio caro amico Francesco Piersoft Paolicelli. Non ha bisogno di particolari spiegazioni perché rappresenta straordinariamente il nostro sistema scolastico. Una maestro benevolo, sorridente, a tratti anche rassicurante che versa con il suo sapiente imbuto, tutto il sapere e le conoscenze nella testa dell’allegro studente, poco più di un mero contenitore. Evidentemente oggi non possiamo più trattare i nostri studenti alla stregua di contenitori né considerarlo meri depositare del nostro bagaglio di conoscenze.
Penso a Carmen, una mia dolcissima alunna, che a dodici anni deve badare ai fratellini più piccoli visto che i genitori tornano tardi dal lavoro. Vuole fare l’estetista da grande, sogna un grosso salone e tanti dipendenti ed un ambiente allegro e sempre sorridente, come lei. Ora, secondo il modello attuale, io, insegnante indegno di tecnologia, devo insistere nel riempirle la testa di nozioni sulla zangola (prima o poi dovrò decidermi ad andare a vedere su wikipedia di cosa si tratta), sulle turbine a vapore e su non so quale altre diavoleria. Con quali speranze? Con quali aspettative? No, il modello “tutti professori universitari” non può più funzionare.
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Penso alla mia breve carriera da docente, a questi lunghi, lunghissimi tre anni di insegnamento e a quello che è successo la prima volta che sono entrato in aula. Ero pronto, pronto il discorso, pronta la lezione, e valutata ogni possibile reazione a quello che sarebbe potuto succedere, ma ovviamente non ero pronto a quello che realmente successe.
Mi guardavano, mi osservavano, mi scrutavano profondamente, con attenzione, con sospetto, con curiosità malcelata e con occhi di fuoco pronti al giudizio, alla più piccola impercettibile incertezza umana e professionale, pronti tutti a farti a pezzi. Non, non parlo di predatori della savana, ma soltanto dei miei studenti.
Sono passati tre anni e da quel giorno, ogni volta che entro in classe, ogni volta che sto per iniziare una lezione, ogni volta che sto per parlare, mi prende il blocco allo stomaco e rivedo quegli occhi. Ma non è più uno sguardo di timore, né tantomeno indagatore, ma soltanto lo sguardo di chi si aspetta qualcosa da te,che prova ad immaginare quello che stai per insegnargli, prova a capire, senza ovviamente rendersene conto, se quello che vuoi trasferirgli gli servirà o no, ed il peso delle responsabilità di fa grande.
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Beh a volte mi capita di fare così, di impazzire e di andare controcorrente.
Entro in classe, raccolgo i miei studenti intorno ad uno dei banchi, prendo undici penne e le dispongo così, in fila, una dietro l’altra. E dico – “Ci sono undici penne sul banco. Io ne prendo due e chi mi sfida potrà prenderne 1, 2 o 3 prima che ricominci io. Continueremo finché non restano più oggetti sul tavolo. Il giocatore costretto a raccogliere l’ultimo oggetto perde”.
Inutile dire che per un’ora intera ho sempre vinto.
Negli ultimi cinque minuti di lezione ho sfidato i miei ragazzi a scoprire il trucco che mi consentiva di vincere ogni partita e di farne un algoritmo da implementare sul nostro amatissimo Micro:bit.
È lì che mi piace mettermi in disparte, spostarmi dal centro dell’attenzione e vedere come la classe diventa un laboratorio di menti che friggono e partoriscono idee, che provano le stesse, che si sfidano, che annotano gli errori, che individuano i punti critici dell’algoritmo e che ne elaborano la soluzione, esatta, incredibilmente esatta.
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Come passa un pomeriggio qualunque un qualunque professore di scuola media? Beh chiariamo le idee sul fatto che non ha poi tutto il tempo libero che gli si attribuisce e che spesso dedica tempo ai suoi studenti ben oltre le sue canoniche diciotto ore mattutine.
Beh, a dirla tutta, un po’ di tempo libero lo abbiamo, anzi me lo ritaglio, ma altre volte si passa qualche ora persi nella rete alla ricerca di un qualche corso di formazione che ti faccia venire qualche idea da trasferire in classe.
In uno di questi, interessante soprattutto per l’enorme condivisione di idee tra colleghi, si parlava di Smart Object e della possibilità di raccontare in classe ai nostri allievi quello che stavamo vedendo in un video. Di più, ci chiedevamo se i ragazzi fossero capaci di immaginare uno smart object, magari strano, ma che potesse in certo qual modo essere innovativo ed originale.
Sfida accettata e tutti pronti alla discussione e, proprio quando mi aspettavo pispoli genuflessi o saltafanchi a bielle ritorte, uno dei ragazzi ha alzato la mano e mi ha detto – PROFESSORE E SE PROVASSIMO A FAR PARLARE LUIGI?
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Ve la racconto così questa avventura cominciata quest’anno. Ascoltavo una collega parlare continuamente di CODING senza riuscire a capirne il significato. È una collega di lettere, Annamaria Bove e quando, prima di chiederle spiegazioni, ho fatto un po’ di ricerca, mi sono accorto che tutti gli articoli riconducevano a quella che una volta si chiamava PROGRAMMAZIONE ASSISTITA AL CALCOLATORE. Una materia che, almeno credevo, con l’italiano non aveva niente in comune.
Non trovando risposta le ho chiesto, e lei mi ha detto che era quella che una volta si chiamava PROGRAMMAZIONE ASSISTITA AL CALCOLATORE. Lo sbandamento era inevitabile. Sono laureato in ingegneria e ricordo ancora quelle notti insonni passate a compilare complicatissimi codici di programmazione in linguaggi astrusi e dalla sintassi imperscrutabile.
Certo vengo da un durissimo quinquennio al liceo classico e maneggiare lingue morte era pane quotidiano, ma con l’informatica tutto si complicava. Dovevi costringere un computer logicamente stupido ad eseguire inutili operazioni in maniera sequenziale per sommare numeri primi, estrarre parole da un testo o contare gli aggettivi in un altro. Insomma compilavi quantità improponibili di codici per poi magari vederti rispondere SYNTAX ERROR ed andare per notti intere alla ricerca della virgola saltata, della parentesi graffa messa male o dello spazio dimenticato.
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