1) Nel confronto ideale tra gli esponenti filosofici della rivoluzione scientifica, il "correttivo" empirista apportato da Bacone, Galilei e Locke all'esaltazione cartesiana delle potenzialità della ragione, che ne aveva ristretto l'ambito di validità all'esperienza sensibile, era stato espressione non tanto di un sopraggiunto disinteresse della cultura del tempo per le problematiche di ordine metafisico, religioso e spirituale, quanto dell'insoddisfazione per le loro soluzioni tradizionali.
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2) L'irlandese George Berkeley (1685-1752), nell'intento di riaffermare le ragioni della fede cristiana, riformulò tali questioni in maniera appropriata alla nuova concettualità filosofica, proseguendo al tempo stesso nello smantellamento di quella vecchia.
3) La sua riflessione si oppose perciò al pericolo dell'ateismo per lui determinato dall'affermazione dell'esistenza di una realtà materiale, indicata da Cartesio come "res extensa" e da Locke come "sostanza", ma comunque, in quanto non pensante, distinta da quella pensante e spirituale, dimostrandone l'inconsistenza proprio dal punto di vista dei due autori.
4) Se, infatti, come Cartesio e Locke, si ritiene che la conoscenza sia limitata alle idee, e, come il solo Locke, che esse derivino interamente dall'esperienza sensibile, ne deriva anzitutto l'impossibilità di determinare la realtà indipendente delle cose a cui si riferisce, e quindi l'insensatezza di postularne l'esistenza...
Per la lezione completa in PDF: George Berkeley
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