L’Aran ha convocato, per giovedì 8 febbraio, le organizzazioni sindacali per la ripresa della trattativa per il rinnovo del contratto del nuovo comparto “Istruzione e Ricerca”. Una ripresa delle trattative che potrebbe portare entro la fine della settimana alla firma del contratto chiudendo la partita prima del 4 marzo, giorno delle elezioni con i miseri aumenti che decorreranno non dal 1° gennaio 2018 ma dal 1° marzo, perdendo anche le prime due mensilità del 2018.
Una soluzione che puzza di mancetta elettorale con la truffa di rinnovo di un presunto "contratto-ponte" per salvare la faccia di Governo e sindacati, che consentirebbe al Governo di affermare, in piena campagna elettorale, di aver chiuso la trattativa nonostante le poche risorse economiche disponibili e ai sindacati di aver strappato un aumento medio di 85 euro (solo teorico, in realtà meno di 35 euro nette mensili) come acconto sul successivo contratto, per il triennio 2019/21, che firmerebbero col Governo che uscirà dalle elezioni.
Ma sarà l'ennesimo schiaffo ad una categoria di lavoratori pubblici, quelli della scuola, bistrattati da troppo tempo, nonostante un preaccordo firmato oltre un anno fa tra Governo e sindacati. Nei prossimi giorni dovrebbe chiudersi anche il contratto degli Enti Locali, ma ad oggi il contratto della scuola resta in sospeso quando si avvicinano inesorabilmente le elezioni politiche del 4 marzo. Un rinnovo del contratto rimandato da quasi un decennio tra il disinteresse dei sindacati e l'inerzia dei governi susseguitisi in questi anni. Il silenzio ha regnato incontrastato e nessuno ha mai parlato concretamente del drammatico blocco stipendiale, se non con sporadici convegni rimasti sempre lettera morta. Adesso, dopo nove anni, la situazione peggiora, e il vento elettorale suona l’armonica del contentino.
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Nel momento in cui non poteva protrarsi oltre la scandalosa stasi totale della contrattazione collettiva, il tema del blocco stipendiale è divenuto oggetto di un vero e proprio meschino calcolo, teso a ledere e sottostimare i diritti ed il ruolo dei pubblici dipendenti, perpetuando la grande offesa da loro patita.
E’ in arrivo una brutta sorpresa. Di quelle che faranno danni per anni ed anni. Una contrattazione farlocca, alla quale non ne seguirà nessuna altra più seria per molto tempo.
Sta già avvenendo: la contrattazione già conclusa nel Comparto della pubblica amministrazione centrale ha riguardato solo 270.000 dipendenti (su un totale di tre milioni e trecentomila), con importi incongrui rispetto alla intera durata del blocco, ed è stata annunziata come una fumata bianca per la contrattazione collettiva. È, invece, un piccolo sbuffo, per il comparto più piccolo, un malcelato tentativo di tacitare lo sdegno.
La contrattazione preannunziata per il Comparto Scuola promette di essere ancora più pericolosa e castrante: si parla di ottanta euro per tre anni, con il rischio che detto importo faccia cumulo con il bonus Renzi.
Con l’ulteriore e più inaccettabile rischio di dover lavorare di più per guadagnare di meno se il monte orario sarà aumentato da quaranta ad ottanta ore.
Il contratto del Comparto sicurezza e difesa è stato di fatto estorto, se i sindacati non lo avessero firmato, avrebbero perso la rappresentatività per poter continuare ad interloquire con il Governo, che ha adottato la strategia “divide et impera”, costringendo alla firma un solo sindacato, che ha di fatto trascinato tutti gli altri.
Le cifre sono talmente basse ed insufficienti a coprire realisticamente il pluriennale blocco, che alcuni hanno pensato di disiscriversi dal sindacato, per risparmiare novanta euro all’anno lasciandole nella propria busta paga, con una evidente macrolesione del proprio diritto sindacale.
Il fumo negli occhi è denso e le cifre lorde e i criteri di cumulo offuscano la pochezza di quelle nette, inconfutabilmente non compensative di nove anni di ritardo.
La retribuzione non è un regalo, tantomeno un regalino, è un diritto sacrosanto.
Un contratto sbagliato oggi, allontana di tantissimi anni una contrattazione seria e perequativa ed economicamente congrua.
Una contrattazione che sia davvero rispettosa dei diritti degli statali e della loro dignità.
Il disprezzo per nove anni di sacrifici dei dipendenti pubblici viene camuffato da proclami di vicinanza agli statali, da comunicati twitteranti il trionfo del diritto, bocche che abusano della parola “aumenti”.
Quando la candelina elettorale sarà spenta, torneranno il silenzio e l’inerzia, peraltro asseritamente giustificati dagli strabilianti “aumenti” concessi, che dovranno bastare per un altro decennio per zittire tutti gli statali, che dovranno andare ogni giorno contenti a lavoro, premiati da cotanta abbondanza.
Avv. Vincenzo Rocco e Avv. Francesca Testini
AGC – Azioni Giudiziarie Collettive
Un Dipartimento dello Studio Legale Rocco – Testini
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