Dopo l'annuncio sulla sperimentazione del diploma di licei e istituti in soli 4 anni, iniziano ad arrivare i commenti delle organizzazioni sindacali.
La Flc Cgil scuola ricorda che, solo cento scuole, e non più di una classe per scuola, potranno partecipare alla nuova sperimentazione di un percorso quadriennale di studi, che partirebbe nell’anno scolastico 2018/2019 in forza di un decreto firmato dal ministro ai primi di agosto. Il bando per la selezione delle scuole che vorranno concorrere sia statali che paritarie, dovrebbe essere pubblicato a fine agosto e dovrà contenere i criteri per la presentazione dei progetti che saranno predisposti dalle scuole che vorranno sperimentare il nuovo percorso di studi quadriennale. I progetti verranno valutati da una commissione tecnica sulla base di criteri non ancora noti.
I primi studenti del nuovo percorso quadriennale -prosegue il comunicato-sosterrebbero l’esame di Stato al termine dell’anno scolastico 2021/2022. Nessuna modifica è prevista al rinnovato esame conclusivo del secondo ciclo, che si svolgerebbe secondo quanto previsto per tutti gli altri corsi di studio.
Si tratta di una sperimentazione, quella che prevede l’abbreviazione del percorso di studi, che ha già fatto molto parlare di sé negli anni passati.
Ricordiamo che alcune istituzioni scolastiche hanno già portato a termine un primo percorso quadriennale sperimentale iniziato nell’anno scolastico 2012/2013, i cui esiti non sono mai stati oggetto di una riflessione pubblica.
A questo proposito la FLC CGIL aveva già espresso una forte contrarietà, sollevando dubbi anche in merito all’adeguatezza di una sperimentazione che, prima di selezionare i campioni, non verifichi preliminarmente la necessità che la stessa sia idonea a rappresentare la realtà effettiva delle scuole e la variegata situazione dei diversi territori. Per rappresentare la realtà della scuola italiana, infatti, non è sufficiente aumentare il numero delle scuole campione, che sarebbe passato da 60 a 100, quanto piuttosto realizzare un’adeguata distribuzione anche geografica che, tenuto conto del risultato che la sperimentazione vuole perseguire, si proponga di offrire realisticamente ad ogni alunno e a ogni alunna la possibilità di accedere al nuovo percorso di studi quadriennale, indipendentemente dalla sua condizione socio economica e dall’area geografica in cui vive.
Il sindacato ricorda che la sperimentazione quadriennale, dopo un percorso accidentato che la Flc Cgil ha portato anche in sede giudiziale, è stata finalmente sottoposta al parere CSPI - peraltro fortemente voluto dal nostro sindacato - nel quale vengono richieste profonde correzioni finalizzate alla predisposizione di un progetto sperimentale scientificamente fondato e verificabile, validamente strutturato sul piano pedagogico e didattico e condiviso con la comunità scientifica e professionale.
Solo l’avvio della sperimentazione e la pubblicazione del bando ci permetteranno di valutare quanto il MIUR abbia preso le distanze dalla sperimentazione promossa in passato dalla Ministra Giannini, ma ora è necessario che questi atti vengano preceduti dal necessario confronto con le organizzazioni sindacali dei lavoratori della scuola, di coloro, cioè, che verranno chiamati a progettare e a realizzare una sperimentazione che ambisce a diventare un’esperienza diffusa e un percorso ordinario. Per questo motivo la FLC CGIL, cercherà l’accordo con le altre organizzazioni sindacali per un incontro urgente al MIUR, per discutere nel merito innanzitutto del bando per la selezione delle scuole campione. La scuola pubblica italiana combatte ogni giorno con problemi reali, per cui solo la più ampia condivisione possibile, attraverso una discussione che coinvolga innanzitutto i lavoratori della scuola, può cogliere le vere criticità e ricercare le reali soluzioni ai numerosi problemi che rischiano altrimenti di travolgere la scuola attraverso la discussa sperimentazione che sembra prendere il via in sordina, in perfetto stile della legge 107/15, una legge sbagliata in radice che continueremo a contrastare in tutte le sedi.
Per Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola, non è la prima volta che la
questione di un accorciamento dei percorsi di studio viene posta all’ordine del giorno: tralasciando la mancata riforma Berlinguer del 2000, finalizzata fra l’altro anche ad una conclusione delle superiori a 18 anni (ma a subire la decurtazione sarebbe stata allora la primaria), già nel 2013, con la ministra Maria Chiara Carrozza, partì una sperimentazione di percorso quadriennale per il II grado che la Cisl Scuola definì allora “poco meditata” e rischiosa, essendovi coinvolto un solo Istituto di Scuola Secondaria Superiore e risultando per quella ragione assai poco attendibile quanto a rappresentatività dell’intero sistema.
Oggi le premesse sono un po’ diverse, visto che il progetto investe un numero più elevato di scuole, ma restano in ogni caso molte altre perplessità che ci auguriamo possano essere tenute in debita considerazione in un supplemento di riflessione quanto mai opportuno e anche possibile, visto il lasso di tempo che ci separa dall’avvio della sperimentazione, previsto per il 2018/19.
Intervenire sulla struttura e la durata dei percorsi presuppone una rimodulazione dei curricoli che non si improvvisa e per la quale va garantita un’accurata e autorevole sede di valutazione. Non va poi dimenticato che l’intero sistema è stato oggetto di ripetuti interventi “innovativi” negli ultimi anni; vive quindi una fase di assestamento che dovrebbe anche essere di attento monitoraggio, prima di ipotizzare nuove architetture prima ancora che si siano consolidate quelle in atto.
C’è soprattutto una questione, quella dei tempi necessari rispetto ai traguardi di apprendimento, che non è mai stata di poco conto. È stata ed è oggetto di discussione, ad esempio, anche per quanto riguarda l’obbligo dell’alternanza scuola lavoro, con i problemi che comporta la sua attuazione a parità di orario scolastico e a invarianza di curricolo. Ecco perché – continua Gissi- è indispensabile fornire in partenza solide garanzie sul prevedibile livello di formazione in uscita degli alunni, chiamati a compiere il loro percorso di studi in quattro anni anziché in cinque: diversamente si avrebbe l’impressione che si stia sperimentando una sorta di quadratura del cerchio.
(…) Se si immagina che una necessaria condizione di successo risieda in una nuova e più aggiornata didattica, collegata a una diversa e più flessibile organizzazione del calendario e dell'orario scolastico, si dovrebbe allora assumere questo come tema primario e prioritario per una sperimentazione assistita, possibilmente anche più allargata, preliminare a quella di un eventuale accorciamento dei percorsi, da affrontare con qualche certezza in più sulla sua reale fattibilità.
Per queste è per tante altre ragioni, ammesso e non concesso che sull’uscita dagli studi a 18 anni vi sia realmente una necessità di allineamento all’Europa, ci riesce piuttosto difficile, tra i tanti problemi irrisolti con cui la scuola italiana si trova ogni giorno a fare i conti, considerare l’accorciamento dei percorsi di studio una priorità. E non essendo chiaro se è come sarà assicurata la loro qualità, si fatica anche a comprendere quale reale beneficio ne possano trarre i nostri studenti.
Poiché spetta ai collegi dei docenti deliberare sulla sperimentazione dei licei brevi, lanciamo un appello ai colleghi affinché valutino attentamente i progetti di adesione al bando del Miur ed esprimano un voto che tenga conto di tutte le criticità e delle ricadute che l’accorciamento del percorso di studi potrebbe avere sulla preparazione degli alunni e sull’organico del corpo docente”- dichiara Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti.“ “Il testo del decreto non è ancora stato pubblicato, ma l’impressione è che si tratti di uno specchietto per le allodole: ridurre di un anno l’iter formativo dei ragazzi non significa garantire automaticamente un posto di lavoro appena terminata la scuola superiore. Se l’obiettivo è metterci al passo con gli altri Paesi europei, - continua Di Meglio - la strada da seguire non è questa. Occorrerebbe, invece realizzare diversi corsi di studio e rivedere l’intera organizzazione. (...) “Il liceo breve di quattro anni è stato già sperimentato in questi ultimi anni, ma non sappiamo con quali risultati”. Infine tagliando di un anno il percorso di studi, si ridurrebbe anche il corpo docenti. Si tratta di un aspetto che inevitabilmente suscita preoccupazione”
Articolo in aggiornamento
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