Non solo la famigerata chiamata diretta non è mai piaciuta a noi docenti, ma ormai a conti fatti, quella che sarebbe dovuta esser una “punta di diamante” della Buona Scuola, si sta rivelando un vero flop in quanto gli stessi dirigenti scolastici la “snobbano”.
Questo è quanto emerge da uno studio condotto dalla Gilda degli Insegnanti, che tramite il coordinatore nazionale Rino Di Meglio, coordinatore nazionale, ha commentato:“È ora che il Governo prenda atto dell’evidente fallimento della chiamata diretta e che si ritorni al sistema delle graduatorie con criteri oggettivi, così come previsto dalla Costituzione”.
Ma non è finita qui, in quanto tramite “Il fatto Quotidiano” apprendiamo che secondo le stime orientative fornite da sindacati e associazioni, circa il 50% i dirigenti hanno scelto l’assegnazione d’ufficio, questo perché i dirigenti, definiscono la chiamata diretta una procedura “troppo laboriosa” con la possibilità di veder fioccare ricorsi e di non avere tra il corpo insegnanti nemmeno il docente scelto visto che ha la possibilità di decidere dove andare se riceve più proposte.
Il malcontento è diffuso anche tra gli insegnanti che dal canto loro denunciano scorrettezze da parte dei dirigenti. Tra i casi più eclatanti: il caso di una docente che è stata "eliminata" perché in maternità; professori superati da chi nonostante avesse meno punteggio poteva contare sul fatto di aver già lavorato precedentemente nello stesso istituto; assunzione su su posti fantasma (conseguenza? I docenti in questione sono stati mandati in un paesino di montagna) e come ciliegina sulla torta il caso di un docente di latino finito in un istituto tecnico, dove il latino come sappiamo tutti non è assolutamente previsto!
Dai dati emersi dall'indagine della Gilda, è emerso quindi che:
Nord:
Il 50% delle scuole hanno effettuato la chiamata diretta, con il dato più alto registrato nella provincia di Bergamo (circa 72%) e quello più basso a Venezia (20%).
Centro:
la media raggiunge circa il 28%, con un quadro omogeneo nelle province di Prato, Pistoia, Latina e Roma, dove soltanto il 20 - 30% delle scuole ha impiegato la chiamata diretta, mentre a Firenze la percentuale sale al 60%.
A Ferrara e Piacenza la chiamata diretta è stata impiegata rispettivamente nel 100% e nel 90% delle scuole.
Sud:
nella provincia di Catanzaro 5 istituti su 69 hanno reclutato gli insegnanti attraverso la chiamata diretta (7%); il 10% a Bari, Caserta e Napoli; il 15% a Reggio Calabria; il 30% a Palermo e Siracusa. Media: 12%.
Caso a parte sono Lucca, Pisa e Nuoro, dove nessun istituto ha fatto ricorso alla novità introdotta dalla legge 107/2015.
In conclusione come ha commentato Elvira Serafini,segretaria generale dello Snals Confsal, si tratta di “un momento di smarrimento:in particolare nell’istruzione, dopo la legge 107, c’è e continuerà a esserci una situazione di incertezza, dal dirigente che purtroppo ha dovuto abbracciare spazi che non erano propri, nella chiamata diretta, al docente che si è trovato a dover occupare ruoli che non gli appartenevano. E’ certamente una scuola nuova e sicuramente era necessaria una riforma, ma andava fatta una riforma condivisa con le parti sociali, perché noi conosciamo in maniera profonda la scuola italiana, quindi una riforma partecipata e non unilaterale, che ha creato purtroppo momenti di vuoto”.
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