Aggiornato il 18-7
Toni di nuovo trionfalistici su molte testate specialistiche in merito alla stabilizzazione precari con 3 anni di servizio nella scuola italiana, questione portata all'attenzione della Corte di Giustizia Europea. Molti attendevano la sentenza per luglio erroneamente illusi da precedenti comunicati di diverse sigle sindacali, ma non arriverà se non ad autunno inoltrato. Nel frattempo arriva il parere dell'avvocato generale della Corte di Giustizia Europea, tale Maciej Szpunar, che ha relazionato sulla causa in corso di di migliaia di docenti e Ata ricorrenti che chiedono di essere assunti sulla base di un’anzianità di servizio superiore ai tre anni, come già previsto dalla direttiva UE 1999/70 che impone agli stati membri l’adozione di misure preventive per evitare l’abuso dei contratti a termine.
Conclusioni dell'avvocato che non cambiano di una virgola la validità delle considerazioni fatte finora da PSN. Siccome sulla vicenda si continua a speculare ed alimentare speranze di ruolo addirittura per 100.000 precari in possesso di almeno 36 mesi di servizio, a futura memoria, PSN ripropone l'articolo pubblicato in data 18/2 che riassume il parere della Commissione europea e le soluzioni alternative eventualmente adottabili. Qui per saltare al testo dell'articolo pubblicato il 18/2.
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Secondo l’avvocato generale Szpunar questa pratica “non può essere considerata come giustificata da ragioni obiettive”: Szpunar argomenta la sua posizione, sul procedimento Mascolo C-22/13 ed altri, avviato a seguito delle quattro ordinanze di rimessione del Tribunale di Napoli nel gennaio 2013 e dell’ordinanza della Corte costituzionale 207/2013 del luglio 2013, sostenendo che non è corretto, come si fa abitualmente in Italia, assegnare supplenze su posti disponibili “senza definire criteri obiettivi e trasparenti che consentano di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale”; ancora di più perchè “non prevede alcuna misura per prevenire e sanzionare il ricorso abusivo alla successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore scolastico”.
L’avvocato generale conclude poi passando la palla al giudice Nazionale come già avevamo anticipato nell'articolo di PSN: “ai giudici del rinvio, tenuto conto delle considerazioni che precedono, che spetterà valutare se ricorrano tali circostanze nell’ambito dei procedimenti principali”.
Qui invece il testo completo del parere dell'Avvocato Generale Maciej Szpunar
Aggiornamento del 27/03/2014
C'è grande attesa tra i precari della scuola per l'udienza che oggi, 27 marzo, si terrà presso la Corte di Giustizia Europea per discutere della legittimità della normativa italiana che nei confronti dei lavoratori della scuola pubblica consente il ricorso a contratti a tempo determinato in maniera continuativa e prolungata ben oltre il termine massimo dei 36 mesi fissati dalla direttiva europea 70 del 1999.
La Corte deciderà su diverse cause riunite C-22/13, C-418/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13 e in particolare sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Napoli dal giudice Coppola, nella causa intentata dalla prof.ssa Mascolo, in merito alle seguenti questioni pregiudiziali:
- Se il contesto normativo del settore scuola, [che consente una successione di contratti a tempo determinato, senza soluzione di continuità, con il medesimo docente per un numero indeterminato di volte, anche per soddisfare stabili esigenze di organico], costituisca misura equivalente ai sensi della clausola 5 della direttiva 1999/70/CE 2;
- quando debba ritenersi che un rapporto di lavoro sia alle dipendenze dello "Stato", ai sensi della clausola 5 della direttiva 1999/70/CE ed, in particolare, anche dell'inciso "settori e/o categorie specifiche di lavoratori" e quindi sia atto a legittimare conseguenze differenti rispetto ai rapporti di lavoro privati;
- se, tenuto conto delle esplicazioni di cui all'articolo 3, comma l, lett. c), della direttiva 2000/78/CE 4 ed all'articolo 14, comma 1, lett. c), della direttiva 2006/54/CE , nella nozione di condizioni di impiego di cui alla clausola 4 della direttiva 1999/70/CE siano comprese anche le conseguenze dell'illegittima interruzione del rapporto di lavoro; in ipotesi di risposta positiva al quesito che precede, se la diversità tra le conseguenze ordinariamente previste nell'ordinamento interno per la illegittima interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed a tempo determinato siano giustificabili ai sensi della clausola 4.
- Se, in forza del principio di leale cooperazione, ad uno Stato sia vietato rappresentare in un procedimento pregiudiziale interpretativo alla Corte di giustizia dell'Unione europea un quadro normativo interno volutamente non corrispondente al vero ed il giudice sia obbligato, in assenza di una diversa interpretazione del diritto interno ugualmente satisfattiva degli obblighi derivanti dalla appartenenza all'Unione europea, ad interpretare, ove possibile, il diritto interno conformemente alla interpretazione offerta dallo Stato.
- Se nelle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro previste dalla direttiva 91/533/CEE e segnatamente dall'articolo 2, commi 1 e 2, lett. e), rientri l'indicazione delle ipotesi in cui il contratto di lavoro a termine si può trasformare in contratto a tempo indeterminato.
- In ipotesi di risposta positiva al quesito che precede se una modifica con efficacia retroattiva del quadro normativo tale che non garantisca al lavoratore subordinato la possibilità di far valere i suoi diritti derivanti - dalla direttiva, ovvero il rispetto delle condizioni di lavoro indicate nel documento di assunzione, sia contrario all'articolo 8, n. 1, della direttiva 91/533/CEE ed alle finalità di cui alla direttiva 91/533/CEE ed in particolare al 2° "considerando".
L'udienza si terrà alle 9,30 a Lussemburgo come mostra il calendario delle udienze del sito della Corte di Giustizia.
La Corte di Giustizia dell'Unione Europea funge da organo di ultima istanza ed ha il compito di assicurare il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati; dunque, essa vigila sulla corretta applicazione del diritto dell’Unione, sia da parte delle istituzioni dell'Unione Europea, quanto alla legittimità degli atti emessi, sia da parte degli Stati Membri, quanto al rispetto degli obblighi contenuti nei trattati.
Inoltre, la Corte interpreta il diritto dell'Unione su domanda dei giudici nazionali. Lo scopo ultimo, di rilievo per i cittadini, è evidentemente quello di assicurare un’applicazione uniforme del diritto europeo, inteso in senso lato, in tutti gli Stati Membri.
Ed è proprio su questa sentenza che stanno concentrando tutte le speranze tanti docenti precari, spinti anche dai continui proclami di sigle sindacali e associazioni professionali che per fare cassa stanno promuovendo la corsa ad onerosi ricorsi.
Intanto va detto che la sentenza non arriverà prima di qualche mese e che nessun automatismo si può innestare anche se il verdetto fosse favorevole: bisognerà ricorrere ulteriormente al giudice nazionale. Inoltre la Commissione Europea ha già fornito alla Corte un suo parere legale che avrà un certo peso e che non ravvede in assoluto la violazione delle direttive europee e non presuppone con certezza la stabilizzazione dei precari, accettando misure alternative alla risoluzione della vicenda.
Pubblicato il 18/2/2014
Toni trionfalistici di diverse sigle sindacali circa il prossimo pronunciamento della Corte Europea che potrebbe emanare una sentenza che definiscono storica per la stabilizzazione dei precari della scuola. Ma come stanno in realtà le cose ? Siamo davvero vicini alla svolta ? Cosa deve aspettarsi chi ha ricorso in questi anni per la propria stabilizzazione ?
Professionisti Scuola come nel suo stile chiarisce quali siano i termini effettivi della vicenda e quale potrebbe essere lo scenario dopo la pronuncia della Corte Europea.
E' stata infatti fissata al 27 marzo prossimo l'udienza di trattazione, davanti alla Corte di Giustizia Europea, di alcune questioni pregiudiziali sollevate da diversi giudici italiani in riferimento alla questione della reiterazione dei contratti a termine.
Tra essi la Corte costituzionale, che ha sollevato due questioni con l'ordinanza 207 del 3 luglio scorso. In particolare, la Consulta ha interrogato la Corte di Bruxelles per sapere se la normativa europea collide con l'articolo 4 della legge 124/99, che regola le supplenze e, in caso affermativo, se le esigenze di riorganizzazione del sistema scolastico italiano possano giustificare una deroga al divieto di reiterazione dei contratti a termine.
La Commissione europea nel frattempo ha già depositato le proprie osservazioni che seppur anbrerebbero nel senso di una sostanziale condanna del fenomeno della reiterazione dei contratti prevede diversi distinguo.
Dunque sembrano del tutto ingiustificati i toni trionfalistici di alcuni sindacati e di siti specializzati che da mesi stanno annunciando finalmente la stabilizzazione di 140.000 docenti precari.
Intanto va detto che la relazione appena consegnata dalla commissione europea pone l'attenzione sui posti vacanti e disponibili in organico (organico di diritto) e sul mancato espletamento di procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo, citando il mancato bando di concorsi dal '99 al 2012 e della circostanza "...senza che vi sia certezza sul momento in cui tali procedure sarebbero espletate e, pertanto, senza prevedere criteri obiettivi e trasparenti per di verificare se il rinnovo dei contratti in questione risponda effettivamente ad un 'esigenza temporanea reale...".
Quindi in sostanza la sentenza se fosse subito applicata dall'Italia potrebbe riguardare al massimo i posti in organico di diritto che al 31 agosto 2013 erano circa 14.000. Altro che 140.000 stabilizzazioni !!
Quindi una possibile ottemperanza per l'Italia sarebbe l'immissione in ruolo su tutti i posti in organico di diritto, che sono al momento certificati in circa 14.000 posti al 31 agosto 2013 e la garanzia di espletamento con cadenza certa dei concorsi per docenti.
Ma la commissione non pone l'accento sulla mancata assunzione dei docenti che sembra ritenere ammissibile ma sul mancato risarcimento economico per la reiterazione dei contratti a tempo determinato. Si legge infatti "... risulta che, in Italia, nel settore della scuola, come d'altronde in tutto il pubblico impiego, non trova applicazione l'istituto della conversione del contratto a termine in contratto a durata indeterminata previsto, in linea generale, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a termine successivi nel settore privato. A differenza degli altri settori della pubblica amministrazione, il settore scolastico è tuttavia altresì escluso dalla disciplina del risarcimento del danno che il lavoratore abbia subito per effetto di tale ricorso abusivo. Anzi, dall'ordinanza di rinvio emerge che, nel settore della scuola, la stessa nozione di ricorso abusivo a contratti a termine successivi non è configurabile, posto che la legislazione italiana non prevede alcun limite alla conclusione di contratti a termine successivi per l'assunzione di personale supplente, che è pertanto sempre legittima..."
Ma c'è molto di più, perchè la commissione rimette nelle mani del giudice nazionale la facoltà di verificare se nell'ordinamento interno sussistano sufficienti strumenti per sanzionarne l'abuso. Sanzioni che costituirebbero una sorta di esimente per il legislatore nazionale, tale da consentire la prosecuzione della reiterazione senza troppi problemi. In particolare, la Commissione ha affermato che: «Non può ritenersi obiettivamente giustificata una legislazione nazionale, quale quella italiana in causa, che consente il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di vacanze nell'organico del personale_in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo» si legge nel documento della Commissione «senza che vi sia alcuna certezza sul momento in cui tali procedure saranno espletate e, pertanto, senza prevedere criteri obiettivi e trasparenti per di verificare se il rinnovo dei contratti in questione risponda effettivamente ad una'esigenza temporanea reale, sia atta a raggiungere lo scopo perseguito e necessaria a tal fine.». Dunque, fin qui, per la Commissione, sembrerebbe che la soccombenza in giudizio dell'Italia dovrebbe essere scontata. Ma infine l'organo collegiale afferma che, comunque,: «Spetta al giudice nazionale verificare se tali condizioni ricorrano nel caso di specie.». Insomma l'Italia non sembrerebbe aver legiferato come dovuto. Ma in ogni caso la decisione finale spetta al giudice italiano. Che deve verificare se le cose stanno effettivamente così. E tale verifica è già stata fatta dalla Cassazione, che però ha deciso nel senso che le condizioni sussistono (sezione lavoro, sentenza 10127/2012). E quindi sarebbe legittima non solo la reiterazione dei contratti, ma anche la differenza retributiva tra i precari e il personale di ruolo. Fin qui la posizione della Commissione sulla faccenda della legittimità dell'articolo 4 della legge 124/99. Sul resto, però, il collegio conviene per l'illegittimità della normativa italiana nella misura in cui: «nel settore scolastico, non prevede alcuna misura diretta a reprimere il ricorso abusivo a contratti di lavoro a termine successivi.». Resta da vedere cosa deciderà la Corte di giustizia, a cui spetta il responso finale. E poi bisognerà attendere la decisione definitiva della nostra Corte costituzionale. In ogni caso, se Bruxelles dovesse censurare il legislatore italiano, non è detto che la Corte costituzionale uniformi la propria decisione a quella della Corte di giustizia. A maggior ragione se la decisione dei giudici comunitari dovesse tradursi in una mera enunciazione di principio con relativo rinvio al giudice nazionale, in ciò cogliendo l'invito della Commissione. In questo caso, infatti, la Consulta avrebbe gioco facile a decidere nel senso della costituzionalità delle norme indubbiate, magari suggerendo un'interpretazione costituzionalmente orientata che vada nella direzione suggerita da Bruxelles.