Sono tanti i docenti che ogni anno tentano senza successo di riavvicinarsi ai propri affetti con la procedura di mobilità o l'assegnazione provvisoria annuale. Ma oltre a queste procedure esiste una terza via, poco conosciuta dagli insegnanti: l’assegnazione temporanea, un beneficio che può essere concesso ad un genitore pubblico dipendente (quindi anche docente), con figli minori di 3 anni, per essere assegnato a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a 3 anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa. Non si tratta di norma contrattuale ma di una norma legislativa che riguarda tutti i pubblici dipendenti a prescindere dal comparto di appartenenza, e che è dettata a tutela di valori costituzionalmente garantiti, in particolare la cura dei figli minori. Con questo articolo approfondiamo tutti i dettagli necessari per mettere in atto per la tutela dei diritti delle famiglie e dei figli dei docenti.
Assegnazione temporanea triennale del docente con figli di età inferiore a tre anni. Quando e come ottenerla.
Attualmente la presentazione delle domande di assegnazione temporanea rappresenta l’ “ultima spiaggia” per chi si è visto negare l’assegnazione provvisoria o il trasferimento nella sede prescelta o richiesta al fine di far fronte alle esigenze della propria famiglia.
Va precisato che l’assegnazione temporanea triennale si presenta come una possibilità in più, come un mezzo che si affianca, senza sostituirla, all’assegnazione provvisoria del personale docente.
E’ ormai noto ai più come le chance di accoglimento delle sopra menzionate istanze dei docenti siano di fatto pressoché nulle, considerato che il collocamento dei richiedenti l’assegnazione provvisoria e/o temporanea avviene nelle ultime posizioni dopo i beneficiari della legge 104/92. Tuttavia, il problema che va ad eliminare del tutto le possibilità del docente di essere trasferito è dato dall’atteggiamento immobilistico, omissivo, per non dire ostruzionistico della Pubblica Amministrazione che per negligenza, trascuratezza, eccessiva burocrazia non si attiva per rendere concretamente fruibile il beneficio previsto dalla legge. Attualmente sono numerosissimi i casi in cui gli insegnanti, nonostante la disponibilità di posti nelle scuole, non hanno potuto beneficiare dell’assegnazione temporanea, a causa del silenzio-rifiuto delle pubbliche amministrazioni.
Analizziamo, con ordine, la normativa di riferimento.
La normativa: art 42 bis D.Lgs. 26 marzo 2001, n.151
L’art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004) ha introdotto l’art 42 bis all’interno del citato testo unico sulla tutela e sostegno della maternità e paternità, un articolo innovativo dalla portata significativa. Detta norma prevede per i dipendenti pubblici una forma di mobilità volta a ricongiungere i genitori del bambino favorendo concretamente la loro presenza nella fase iniziale di vita del proprio figlio.
In particolare, prevede la possibilità per il dipendente pubblico, genitore di figli minori di tre anni, di essere assegnato, per un periodo non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante di analoga posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni coinvolte.
La ratio della disposizione legislativa è data dalla finalità primaria di consentire ai bambini, ove possibile ed in presenza dei requisiti dalla stessa legge indicati, di poter avere una maggiore presenza in casa del genitore lavoratore e quindi di garantire la massima unità familiare.
Quali sono i presupposti?
Per quanto riguarda i presupposti per poter usufruire del beneficio dell’assegnazione temporanea, essi devono essere presenti congiuntamente (e non in via alternativa) e sono i seguenti:
1) essere dipendente a tempo indeterminato di una P.A.;
2) essere genitore di un bambino di età inferiore a tre anni e avanzare l’istanza prima del compimento del terzo anno di vita del figlio;
3) essere in possesso della professionalità corrispondente al posto da ricoprire (ad es., l’insegnate abilitato all’insegnamento nella scuola dell’infanzia, non potrà richiedere l’assegnazione temporanea nella scuola primaria).
4) sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva
5) assenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione. A tal fine l’istanza dovrà essere inoltrata sia all’amministrazione di provenienza (per ottenere il rilascio del nulla osta) che a quella di destinazione (per l’adozione del provvedimento di accoglimento).
Circa la durata del beneficio, la norma prevede che “Il genitore con figli minori fino a tre anni … può essere assegnato … per un periodo complessivamente non superiore a tre anni….”.
Pertanto il beneficio potrà estendersi per non più di tre anni.
Sulla natura del diritto ex art 42 bis
Tra le norme dettate a tutela dei valori inerenti la famiglia rientra l’art 42 bis che consente la cura dei figli minori in tenerissima età da parte di entrambi i genitori impegnati in attività lavorativa. Gli articoli 29, 30, 31 e 37 della Costituzione nel postulare i diritti-doveri dei genitori di assolvere gli obblighi loro incombenti nei confronti della prole, promuovono e valorizzano gli interventi legislativi volti – come appunto l’art. 42 bis– a rendere effettivo l’esercizio di tale attività.
Occorre puntualizzare che, con riferimento alla posizione giuridica tutelata, non è possibile parlare di un vero e proprio diritto soggettivo ma, piuttosto, di un interesse legittimo che trova concreta attuazione solo in seguito al procedimento istruito dall’amministrazione per la verifica dei presupposti e che deve concludersi nell’arco di trenta giorni.
Ciò che merita di essere evidenziato è che l’Amministrazione Pubblica, nell’esercizio della sua discrezionalità decisionale, è assolutamente tenuta a motivare il diniego in accordo coi principi di buona fede e correttezza.
L’art. 14, comma 7, della Legge 7 agosto 2015, n. 124, in vigore dal 28.8.2015, ha infatti modificato il primo comma dell’art. 42-bis inserendo, in coda all’inciso “L’eventuale dissenso deve essere motivato” già contenuto nella vecchia formulazione della norma, il seguente: “e limitato a casi ed esigenze eccezionali”.
Tale modifica, che bilancia in maniera evidente a favore del lavoratore la ponderazione degli interessi in gioco, comporta che la motivazione dovrà essere seria, ragionevole e verificabile e non mera formula di stile. Ciò vuol dire che la P.A. per negare la richiesta di assegnazione dovrà delineare esigenze realmente eccezionali, tali da giustificare il sacrificio dell’interesse alla tutela del nucleo familiare, anch’esso costituzionalmente protetto, ed attualmente preponderante. Inoltre non potrà più giustificarsi adducendo il mero disagio, ma dovrà dimostrare l’effettivo vero e proprio pregiudizio che l’attività della p.a. subirebbe.
In ogni caso è indiscussa, in giurisprudenza e dottrina, la tesi secondo cui la P.A. sarebbe tenuta, nella motivazione, a indicare gli specifici ed oggettivi impedimenti che ostano alla assegnazione del ricorrente, sulla scorta della attuale organizzazione dell’ufficio, con riferimento al personale occupato nell’area e qualifica del ricorrente stesso.
Ne discende che un diniego carente nell’indicare quali concrete ragioni organizzative ostino a concedere la mobilità temporanea o un diniego inconsistentemente o pretestuosamente motivato è illegittimo.
Come ottenere giustizia
L’unico rimedio a tale ingiustizia è rappresentato dal ricorso all’Autorità Giudiziaria, preceduto da una lettera di diffida inviata da un legale di fiducia.
Il provvedimento della P.A. potrà essere emesso dal Giudice del Lavoro anche in via anticipatoria o d’urgenza, per la ragione che diversamente la tutela della prole non troverebbe adeguata attuazione qualora occorresse attendere la celebrazione e la conclusione di un lungo giudizio ordinario.
La finalità del Legislatore di favorire il ricongiungimento di entrambi i genitori ai figli ancora in tenera età e la loro contemporanea presenza accanto ad essi nella fase iniziale della loro vita, richiederebbe, da parte delle PP.AA., un’attenta analisi delle istanze e, conseguentemente, una motivazione congrua e seria, idonea a far sì che il minore, soggetto debole cui si è inteso assicurare tutela, non venga ingiustamente privato dell’affetto e delle cure di entrambi i genitori.
Purtroppo, ancora oggi, non sono pochi i casi in cui le amministrazioni esitano negativamente le istanze, ricorrendo spesso a motivazioni sterili e formule vuote. Occorre pertanto non accettare passivamente le immotivate o mal motivate decisioni della P.A., impugnandole davanti Giudici del lavoro ed amministrativi che, per fortuna, le hanno sin qui pesantemente censurate non poche volte.
Il giudizio d’urgenza
Per quanto riguarda l’utilizzo dello strumento del giudizio d’urgenza, si deve sottolineare che le esigenze proprie del nucleo familiare fanno ritenere che i tempi di un giudizio di merito ordinario, notoriamente lungo, possano significativamente e negativamente incidere sulla fruizione del beneficio.
Quindi: di fronte al diniego del beneficio non motivato, o inconsistentemente o pretestuosamente motivato da parte dell’Amministrazione o di fronte alla mancata fornitura della prova della fondatezza del diniego stesso da parte della P.A. è possibile incardinare un ricorso d’urgenza contro la o le Amministrazioni pubbliche.
Dall’esito dei numerosi ricorsi presentati sino ad ora risulta ampiamente giustificato il ricorso d’urgenza presso il Tribunale del Lavoro competente, nei confronti di tutte le Amministrazioni che non hanno risposto ed anche nei confronti del Ministero della Giustizia (Tribunale sezione Lavoro) considerato che il diniego appare eccessivamente generico ed inconsistente.
I Tribunali di tutta Italia, da Lecce a Sondrio, passando da Roma, Milano, Salerno, Perugia, Mantova, Verona, Monza, Ivrea, Lucca, Siena, ecc., con decine di ordinanze, molte delle quali collegiali, hanno ormai definitivamente sancito il diritto del docente con figli di età inferiore a tre anni, ai sensi e per gli effetti dell’art. 42bis D.lgs. 151/01, di godere della c.d. “assegnazione temporanea” per un periodo della durata complessiva non superiore a tre anni, presso una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione.
Avv. Vincenzo Rocco
Avv. Francesca Testini
Avv. Flavio Zannotti
DDS – Dipartimento Diritto Scolastico
dello Studio Legale Rocco - Testini