Il bonus premiale ai docenti torna a far discutere. Troppi sono i nodi da sciogliere e lo scontento è diffuso tra gli insegnanti. In molti chiedono al legislatore d’intervenire o, in alternativa, scelgono la strada del ricorso alla magistratura. Tuttavia, tra pronunce spesso contrastanti, tra articoli volti a creare più confusione che chiarezza, vi è un’assoluta certezza normativa che proviene dalle leggi in materia. Procediamo con ordine, partiamo dalla spiegazione sintetica del bonus merito.
Cos’è il bonus merito?
Il “Bonus premiale” è stato introdotto con la riforma della scuola. Trattasi di un premio annuale, istituito con la Legge 107 del 2015, comma 126 dell’art. 1, che concretamente si traduce in una somma economica volta a valorizzare il merito dei docenti. Detto in altri termini, esso è uno strumento con il quale il MIUR ha voluto dare un riconoscimento economico aggiuntivo ai docenti che si sono distinti nel corso dell’anno per la qualità del loro insegnamento.
Il lavoro di alcuni insegnanti va riconosciuto, quindi - in base al giudizio dato dalla loro comunità scolastica – e questi devono essere premiati con un aumento una tantum di stipendio.
Si definisce come bonus poiché va considerata come una retribuzione di tipo accessorio, visto che non è fissa ma può variare ogni anno. Non è detto, ad esempio, che un docente che sia stato giudicato meritevole nel 2017 lo sia anche nel 2018, né che la somma spettante sia la stessa dello scorso anno. Fino allo scorso anno il MIUR ha messo a disposizione delle scuole 200 milioni di euro (complessivi) da assegnare ai docenti più meritevoli. Con il rinnovo del contratto, però, una parte di queste risorse sono state utilizzate per permettere all’amministrazione di alzare gli aumenti stipendiali.
Ma come funziona il meccanismo di assegnazione?
Il Dirigente Scolastico, come prevede il comma 127, sulla base dei criteri individuati dal Comitato per la valutazione dei Docenti, assegna annualmente al personale docente una somma del fondo sulla base di una motivata valutazione. Come è noto, la riforma scolastica voluta dal Governo Renzi ha incrementato i compiti dei dirigenti scolastici ai quali spetta l'individuazione dei professori meritevoli del premio di merito attraverso criteri di assegnazione stabiliti dal comitato di valutazione.
Pertanto, notevole è il rischio di scelte illegittime configurabili come abuso d'ufficio nell'assegnazione del bonus merito al personale docente. Nella decisione finale di quali insegnanti dovranno essere premiati per il merito, i presidi incorreranno in maggiori responsabilità e, conseguentemente, in accresciuti rischi connessi alla discrezionalità delle proprie scelte.
Il bonus è disciplinato direttamente dalla legge sulla Buona scuola che lo classifica come voce di stipendio accessorio. Ma, allo stesso tempo, la stessa legge 107 lo esclude dalla contrattazione dei sindacati, questione che ha innescato polemiche nel periodo successivo alla firma del decreto attuativo da parte del ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini.
Dunque, la possibilità che i D.S. possano incorrere in comportamenti illegittimi nell'assegnazione del premio comporterebbe la violazione della legge e non più un inadempimento del contratto dei lavoratori. I reati che, quindi, potrebbero essere imputati ai presidi sarebbero quelli specifici relativi all'ambito delle amministrazioni pubbliche, fino ad arrivare al reato di abuso d'ufficio. Fino alla riforma scolastica Renzi tale reato non era prevedibile essendo l'ipotesi regolamentata dalla normale contrattazione ed esclusa alla legge. Oggi, addirittura in casi estremi, è possibile sporgere denuncia, presso una qualsiasi caserma dei Carabinieri, per un eventuale comportamento non legittimo del dirigente scolastico, oltre che intraprendere un ricorso presso il giudice del lavoro.
Numerose sono le richieste di consulenza ed assistenza legale giunte da varie regioni d’Italia al Dipartimento Diritto Scolastico dello Studio Legale Rocco-Testini al fine di intraprendere azioni giudiziarie per ottenere giustizia sul merito del bonus. La principale obiezione riscontrata tra i docenti sul bonus merito riguarda i criteri da utilizzare per la valutazione, tra i quali: la qualità dell’insegnamento, il successo formativo e scolastico degli studenti, le innovazioni didattiche e le responsabilità assunte. Trattandosi di una pluralità di fattori, si delega al comitato di valutazione la scelta di cosa debba intendersi per “merito”, con la conseguente possibilità di discrezionalità della selezione, nonché di comportamenti di docenti che influenzano negativamente la fase valutativa con condotte scorrette nei confronti dei colleghi. In alcune scuole è stato persino inserito tra i criteri di scelta per potere accedere al bonus un limite massimo di assenze, a qualsiasi titolo dovute. Va detto che quest’ultimo criterio è discriminatorio anche sotto il profilo della tutela della parità di genere, poiché penalizza maggiormente le docenti assenti per maternità.
In generale, è criticata l’idea di attribuire un premio legato alla capacità di insegnamento che è strettamente collegata alla relazione soggettiva docente-alunno e sulla quale incidono valori non quantificabili.
Chi assegna il bonus-premio?
Questo compito spetta al Dirigente Scolastico, che deve attenersi ai criteri selezionati da un Comitato di Valutazione composto da 3 insegnanti, 2 genitori e da un componente esterno selezionato dall’U.S.R..
Il Comitato di Valutazione, che è presieduto dal Dirigente scolastico, è composto da: 3 docenti (di questi, 2 sono scelti dal collegio docenti e 1 dal consiglio di istituto); 2 rappresentanti dei genitori relativamente alle scuole dell’infanzia e primo ciclo di istruzione, mentre per le scuole superiori le due figure corrispondono a 1 rappresentante dei genitori e 1 rappresentante degli studenti; 1 componente esterno individuato dall’ufficio scolastico regionale.
Nel dettaglio, i criteri di valutazione dovranno fare riferimento a tre macro aree individuate dal MIUR, quali: competenze nel proprio lavoro; miglioramenti apportati alla scuola; utilizzo di una didattica efficace ai fini dei miglioramenti degli alunni.
Quindi, il CCNL Scuola non elimina interamente la possibilità che vi sia una discrezionalità del Dirigente Scolastico nell’assegnare il bonus merito ai docenti. Infatti, sarà sempre il preside a decidere a quali insegnanti assegnare un premio. La decisione, tuttavia, avviene sempre sulla base dei criteri generali stabiliti assieme al Comitato di Valutazione che non sono oggetto di contrattazione con i sindacati.
Ad essere definiti insieme ai sindacati sono invece i criteri per la determinazione dei compensi. Quindi, sono i rappresentanti sindacali degli insegnanti a decidere, in accordo con il Dirigente Scolastico, il valore economico minimo e massimo per il premio individuale.
I criteri di attribuzione: eccessivo soggettivismo
I criteri legislativi per aspirare al premio sono:
1) qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica e successo formativo e scolastico degli studenti;
2) risultati ottenuti dal docente in vari settori;
3) responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo didattico e nella formazione del personale.
Da un’attenta lettura dei criteri di merito sopra elencati si evince che essi presentano una natura eccessivamente soggettiva: il bonus verrà, infatti, corrisposto in base ai criteri individuati da un comitato di valutazione istituito presso ogni scuola. Trattandosi di una pluralità di fattori, è evidente che si delega al comitato di valutazione la scelta di cosa debba intendersi per ‘merito’. Ne segue che pesando in maniera diversa i fattori menzionati nella legge è possibile favorire alcuni a discapito di altri.
La composizione del comitato di valutazione peggiora ulteriormente la situazione. Il comitato è presieduto dal dirigente scolastico ed è composto da tre docenti, un componente esterno, due rappresentanti dei genitori (scuola dell’infanzia e primaria) oppure un rappresentante dei genitori e un rappresentante degli studenti (scuola secondaria).
Il fatto che i docenti siano valutati da colleghi non aiuta a creare un clima di serenità e imparzialità. Vi è il rischio che ciascun docente cerchi di influenzare le decisioni del comitato con comportamenti non certo utili al buon funzionamento della scuola o che comunque ciascuno si senta condizionato dal timore di ripicche e ritorsioni. La presenza di rappresentanti degli studenti e dei genitori non pone problemi meno gravi poiché si tratta di soggetti che solitamente non dispongono di sufficienti competenze e che potrebbero voler premiare insegnanti non troppo esigenti e disposti a dare buoni voti anche a studenti non particolarmente meritevoli.
Questo sistema ha portato addirittura a un peggioramento della performance degli studenti agli esami esterni e a una “inflazione” dei voti assegnati dai docenti.
I limiti ai criteri di attribuzione: i principi generali
Al fine di garantire una procedura di valorizzazione del merito il più possibile equa, giusta, trasparente e oggettiva, il Comitato di valutazione, nell’individuazione dei criteri, è tenuto a rispettare i seguenti principi generali:
• Trasparenza, intesa come accessibilità a tutte le fasi del procedimento, pubblicazione sul sito della scuola di tutte le informazioni relative agli esiti;
• Equità, da realizzare nell’attribuzione di un eguale valore e nella ponderazione dei punteggi assegnati in base ai seguenti criteri:
a) la qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica, nonché del successo formativo e scolastico degli studenti;
b) i risultati ottenuti dal docente o dal gruppo di docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e dell’innovazione didattica e metodologica, nonché della collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione di buone pratiche didattiche c) le responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale;
• Generalità, riguardante la possibilità data a tutti, ciascuno per le proprie peculiari qualità e meriti, di concorrere all’attribuzione del bonus;
• Giustizia, intesa come parità di trattamento, ma anche come riconoscimento a ciascuno del proprio particolare valore;
• Oggettività e differenziazione della valutazione dirigenziale. Collegamento della valutazione ad indicatori di performance ben definiti, trasparenti e pubblici, collegati ad evidenze oggettive e documentabili da parte del docente stesso che compila la parte di valutazione di sua competenza, a sua volta esaminata e validata dal Dirigente scolastico e dalla commissione ad hoc costituita. La discrezionalità dirigenziale, residua rispetto all’attribuzione complessiva del punteggio, si concretizza nell’attribuzione da parte del Dirigente di un punteggio aggiuntivo che dovrà essere motivato sulla base di indicatori prestabiliti;
• Esclusione del demerito. Inteso come esclusione dal beneficio del bonus annuale per i docenti verso cui sia stata erogata una sanzione disciplinare.
Detto ciò, ci si domanda: il D.S., nell’assegnare il Bonus, ma anche eventualmente nel non assegnarlo, ha discrezionalità assoluta? La risposta è negativa, non solo alla luce dell’accoglimento dei numerosi ricorsi giudiziari presentati, su scala nazionale, da docenti delle scuole di diverso ordine e grado, ma soprattutto alla luce delle regole sulla trasparenza e sull’imparzialità amministrativa che consentono persino di sindacare leggi che non le garantiscano a sufficienza o di sindacare provvedimenti che non le rispettino concorrendo ad implementare il controllo sulla gestione dell’attività di chi rappresenta la Pubblica Amministrazione.
Se lo spirito della legge 107/2015 non fosse stato questo, allora si dovrebbe spiegare perché il legislatore avrebbe previsto un organo collegiale come il Comitato di Valutazione con funzione precipua di stabilire detti criteri. Al contrario avrebbe potuto, più semplicemente, demandare tutto l’iter all’unico Dirigente Scolastico, ma ciò non è avvenuto. Così, i criteri assumono la veste di “parametri oggettivi di indirizzo” e non di semplice indicatori lasciati alla libera e facoltativa applicazione dei Dirigenti Scolastici. A supporto di tale argomentazione, la legge 107/2015 evidenzia che il giudizio deve essere, altresì, motivato. Dunque, una motivazione generica, aleatoria, non circostanziata relativa all’attribuzione piuttosto che alla non attribuzione, potrebbe essere già motivo di accoglimento di ricorso.
Pertanto, l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza. Inoltre, si coglie l’occasione per rimarcare che l’attribuzione e la relativa pubblicazione dei dati in forma aggregata, non sottrae il Dirigente Scolastico dalla comunicazione al Comitato di valutazione delle motivazioni delle sue scelte proprio per una continua regolazione e qualificazione del processo (faq n. 20 del MIUR). Insomma, per quanto le leggi ( Legge n. 59/97, Legge 165/2001, legge 150/209, legge 190/2012, Legge 107/2015, ecc) abbiano riconosciuto ai Dirigenti Scolastici ampi poteri, non bisogna mai tuttavia dimenticare che non sono posti a capo di imprese private, ma di Istituzioni Scolastiche che sono annoverate tra le Pubbliche Amministrazioni e quindi soggette al controllo e alle limitazioni previste dalle leggi dell’ordinamento italiano ed europeo e soprattutto dalla Costituzione.
Il D.S. può negare l’accesso agli atti?
Nella prassi è consuetudine dei dirigenti negare l’accesso agli atti ai docenti esclusi dal bonus.
A tal proposito, la “Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi” della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha formulato un parere in merito al ricorso fatto da un docente non assegnatario del bonus, che era stato escluso dall’accesso agli atti, molto indicativo per la questione.
Dal suddetto parere si apprende che, previa informativa ai controinteressati, chiunque ne sia stato escluso dall’attribuzione ha il diritto di vedersi accolta la richiesta di accesso agli atti ai sensi della Legge 241/1990. Il ricorso alla Commissione è stato avanzato da un docente, escluso dal bonus, che aveva chiesto al dirigente scolastico di accedere ai seguenti atti: nominativi dei docenti premiati, attività da loro svolte e importo del bonus per ogni voce; copia della documentazione riportante i criteri adottati nell’escludere il ricorrente ed eventualmente alcuni docenti, con le relative motivazioni. Il dirigente scolastico negava l’accesso, motivando il diniego con il fatto che gli importi relativi al bonus non potevano essere pubblicati perché “dati personali”- coperti da privacy.
La commissione affermava il diritto del docente ad accedere a tutta la documentazione richiesta, ai sensi della legge n. 241/90, che così recita: “l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza”. Di conseguenza, il diniego di accesso agli atti sarebbe potuto avvenire solo qualora i dati riguardanti il bonus avessero riguardato la vita privata o la riservatezza delle persone coinvolte.
Il procedimento di attribuzione del bonus è fondato su una valutazione di merito comparativo dell’impegno dei docenti e quindi, secondo la Commissione, su una procedura in pratica selettiva, assimilabile alle procedure concorsuali. Pertanto, come già affermato dalla giurisprudenza amministrativa (TAR del Lazio sent. n. 02611/2017) e dalla stessa Commissione in materia di concorsi, la partecipazione alla procedura rende, ex sé, accessibili le determinazioni adottate dall’Amministrazione nei confronti degli altri partecipanti.
Giova ricordare a tale riguardo che l’art. 97 esige che la Pubblica Amministrazione agisca secondo il principio del buon andamento e dell’imparzialità. Alla Costituzione si aggiunge, poi, la Carta di Nizza che riconosce, con l’art. 41, il diritto ad una buona amministrazione. Così, il buon andamento della Pubblica Amministrazione, in cui è annoverata anche la Scuola (art. 1 comm. 2 del D.Lgs 165/2001), richiede, pertanto, legalità e imparzialità, nonché obbligo di motivazione, di ascolto, di sollecitudine, di accesso e perfino obbligo di scrupolo.
La Commissione della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiaramente evidenziato nel provvedimento che la mancata erogazione del bonus alla ricorrente, conferisce a quest’ultima, una posizione di interesse qualificato all’ostensione dei documenti relativi a quanti (i docenti) siano stati destinatari del bonus.
Lo Studio resta a disposizione per interloquire stragiudizialmente con i D.S. valutanti, nonché per ottenere accesso agli atti e per i prosiegui giudiziali.
Avv. Vincenzo Rocco
Avv. Francesca Testini
Avv. Flavio Zannotti
DDS – Dipartimento Diritto Scolastico
dello Studio Legale Rocco - Testini