Sono tanti i docenti con contratto part-time che ci scrivono in redazione per avere chiarezza sul monte ore delle attività funzionali che sono effettivamente obbligati a svolgere. La questione si pone perché purtroppo le informazioni reperibili in rete sono spesso contraddittorie e anche le interpretazioni dei Dirigenti Scolastici a volte vanno molto al di là di quanto prevede la scarna normativa in merito. Gli USR stessi, alle molte richieste di chiarimenti, spesso rispondono con pareri che non si possono dire “chiari e inequivocabili”, quasi avessero timore di schierarsi dall'una o dall'altra parte.
Con questo articolo di approfondimento facciamo pertanto chiarezza per evitare che i docenti part-time siano oggetto da parte dei DS, illegittimamente, di richieste di svolgimento di ore di attività funzionali in eccedenza rispetto a quanto effettivamente dovuto tenendo presente che la norma fondamentale di riferimento, stabilendo il principio di non discriminazione, è il D.Lgs 25 febbraio 2000, n. 61, richiamato nel CCNL all’art.39, attuazione della Direttiva Comunitaria 97/81/CE, e che si applica ai rapporti di lavoro di tutte le amministrazioni pubbliche.
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Il monte ore delle attività funzionali, è fissato dall'art. 29 comma 3 lettere a) e b) del CCNL 2006/09. Il comma 3, lettera a, stabilisce quali sono le attività di carattere collegiale riguardanti tutti i docenti “fino a 40 ore annue”. Il comma 3, alla lettera b, riguarda i consigli di classe, sempre con un impegno “fino a 40 ore annue”.
I dubbi derivano da un passaggio dell’O.M. 446/1997. Il comma 7 riconosceva esplicitamente la proporzionalità solo per i consigli di classe, suscitando infinite controversie e richieste di chiarimenti applicativi.
In realtà, l’O.M. 446/1997 riguardava la “prima applicazione” del part time, in attuazione dell’articolo 46 del CCNL del 1995. Oggi, di fatto la norma è superata sotto molti aspetti (tanto per fare un esempio, le “Tipologie del rapporto a tempo parziale per il personale docente” ivi indicate sono due, e non le tre attuali)
Il D.Lgs 25 febbraio 2000, n. 61, attuazione della Direttiva Comunitaria 97/81/CE, norma più recente, di rango superiore, che si applica ai rapporti di lavoro di tutte le amministrazioni pubbliche, stabilisce il principio di non discriminazione, col divieto di qualsiasi trattamento meno favorevole per il lavoratore part time rispetto al lavoratore a tempo pieno, e il principio di proporzionalità.
A fare ulteriore chiarezza in merito è intervenuta la Nota dell’USR Veneto del 13 dicembre 2010 (in allegato), a firma di Carmela Palumbo, che attualmente ricopre il ruolo di Direttore Generale della Direzione generale per gli Ordinamenti scolastici e per l’autonomia scolastica. La comunicazione è stata inviata ai Dirigenti Scolastici, ai Dirigenti degli Uffici Scolastici Territoriali del Veneto, ai Responsabili regionali delle Organizzazioni Sindacali.
La nota ribadisce a chiare lettere il principio di proporzionalità: “…si ritiene che la quantità di debito orario cui è tenuto il docente part time dovrà essere determinata in misura proporzionale all’orario stabilito”, con riferimento all’articolo 29, comma 3, lettere a) e b) del CCNL vigente, riguardante le attività sia del Collegio sia dei Consigli di classe.
Sempre secondo la nota “..dovranno essere adottate, dalle Istituzioni scolastiche soluzioni organizzative che consentano al docente part time di partecipare a quelle attività collegiali valutate indispensabili. Il Dirigente Scolastico dovrà quindi fornire al docente part time un calendario individualizzato delle attività funzionali all’insegnamento, ove risulti esplicitato l’ordine di priorità delle sedute, compatibili con il suo orario di servizio e ritenute assolutamente necessarie all’espletamento del servizio medesimo (…) in coerenza con la ratio della norma che presuppone una stretta correlazione tra monte di insegnamento e partecipazione alle attività a carattere collegiale”.
Un’ultima osservazione. Resta un minimo margine di discrezionalità quando nella nota si fa riferimento alle riunioni che il Dirigente ritiene “assolutamente necessarie all’espletamento del servizio”. Può un dirigente ritenere che tutte le riunioni abbiano questa caratteristica?
Riteniamo che tale definizione si possa applicare solo a quelle sedute in cui ci deve essere una votazione in cui il parere deve essere espresso non a maggioranza ma all’unanimità.
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