Negli articoli precedenti (CODING: un approccio semiserio al pensiero computazionale prima parte e seconda parte) ho descritto tutto il percorso fatto con il coding e come sia possibile differenziare idee ed approcci ad una materia che ha ricadute comunque a lunga scadenza, una materia che mira, nell’idea generale, alla formazione di un pensiero computazionale che aiuti gli studenti nel problem solving quotidiano, nella capacità di approcciarsi alla realtà secondo un vero e proprio algoritmo sequenziale, con la stessa naturalezza con cui risolve problemi di matematica, con cui fa un tema o analizza un testo con le regole dell’analisi logica.
La verità è che, mentre al solito, oltre alla massiva partecipazione ad iniziative comunque meritorie come la Code Week e The Hour of Code, l’Italia viaggia a rilento restando alla finestra ad osservare, in altri paesi si fa largo la consapevolezza della necessità di introdurre materie come questa in tutti i gradi della scuola per facilitare la formazione del pensiero computazionale, lo dicevamo prima, ma per garantire a tutti i futuri cittadini la possibilità di affrontare lavori che, ad oggi, ancora non esistono (a rifletterci è successo così anche a noi ed abbiamo dovuto formarci per affrontare spesso situazioni impreviste ed imprevedibili durante il nostro corso di studi)
Iscriviti alla nostra Fan page
Ecco perché si cerca di abbassare l’età di inizio dello studio del coding e di cominciarlo già alla scuola primaria. Per la verità l’Italia è venuta fuori con un prodotto di impatto dirompente. Si chiama Cubetto ed è distribuito da Campustore. Lo ho provato all’ultima edizione di Officina Scuola organizzata dal prof. Alfonso D’Ambrosio nel Comune di Monselice (PD) e rappresenta una approccio unplugged alla programmazione ed al coding, da consigliare a tutte le scuole primarie.
La verità è che finora ho introdotto il coding confondendolo troppo spesso con l’informatica. Nella realtà la strada è quella, paradossalmente, di finire di prescindere dall'informatica, soprattutto nelle classi dei primi cicli, e di trovare un sistema che unisca direttamente l’IDEA all'AZIONE, l’idea alla realizzazione della stessa.
Oggi vi voglio parlare di Micro:bit e dell’Inghilterra, dove la BBC ha avviato una campagna di sensibilizzazione al problema diffondendo un prodotto innovativo, regalandone uno ad ogni studente e ad ogni insegnante. Design accattivante e colorato adatto ai bambini, ma che tutti gli adulti vorrebbero avere.
Che cos’è? Tecnicamente è un microcontrollore, un sistema embedded dotato di un processore ARM Cortex-M0, misura 4x5 cm, dispone di accelerometro e magnetometro, connettività USB e Bluetooth, display composto da 25 LED in una matrice 5x5, due tasti programmabili. Può essere alimentato via USB o da batteria esterna. È inoltre dotato di un connettore slot da 23 pin, cinque dei quali (di maggiori dimensioni) pensati per essere utilizzati anche con clip a coccodrillo o connettori a banana da 4 mm. La piattaforma supporta ufficialmente lo sviluppo di software in Python e C++, oltre che con linguaggio a blocchi ormai conosciuto da tutti, una vera via di mezzo tra Arduino e Raspberry.
Detto così suona particolarmente complicato, ma vi garantisco che sapere tutte le specifiche tecniche scritte sopra non serve ad usare micro:bit. L’idea è quello di collegare al pc il dispositivo, creare un semplice programma a blocchi, e compilarlo (www.microbit.co.uk).
Una volta compilato basta fare il download del file e copiarlo con un semplice drag and drop nella cartella di micro:bit che il computer riconosce come periferica esterna, ed il gioco è fatto.
Poco altro da dire se non che la modularità del dispositivo lo rende adatto a scopi ben più complessi come la gestione integrata di sensori, l’analisi dei dati o la robotica educativa. Dovendo creare uno slogan direi, “usarlo subito, usarlo per tutto”.
Lascio al video il compito di raccontarvi le prime impressioni e funzionalità in attesa di registrarne altri e di cominciare a divertirci insieme usando micro:bit.