Questo lavoro si concentra sul modello di cronotopo proposto nella relatività di Einstein.
Vuole essere l'inizio di una proposta didattica di spazio e tempo, che sia multidisciplinare (investa la storia, la filosofia, la geografia, l'arte).
Con il suddetto lavoro si chiede e si vuole iniziare, pertanto, anche una collaborazione tra colleghi o interessati, affinchè possa essere avviata una discussione, una proposta didattica sullo spazio ed il tempo.
Come e cos'è lo spazio ed il tempo? Come vivo lo spazio ed il tempo?
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Lo spazio ed il tempo sono temi centrali nelle scienze fisiche, esse sono le variabili con cui viene descritto il movimento dei corpo o le interazioni tra essi. Nella fisica newtoniana lo spazio ed il tempo sono due entità separate: lo spazio è descritto matematicamente [1], mentre il tempo scorre in maniera uniforme indipendentemente dal corpo.
Se utilizziamo un formalismo matematico, possiamo immaginare lo spazio tempo newtoniano come una successione temporale di uno spazio tridimensionale, dove tutti gli eventi sono simultanei, cioè su ogni piano spaziale tridimensionale un evento accade “ora” in ogni suo punto. Tutti i punti di questo spazio tridimensionale possono essere descritti matematicamente utilizzando un sistema di coordinate che ha una asimmetria tra le coordinate spaziali e quella temporale che può scorrere solo in un senso ed in maniera uniforme (la freccia del tempo termodinamica); lo spazio ed il tempo sono indipendenti ed assoluti a prescindere dai corpi che lo vivono, i quali si limitano a misurare le posizioni relative tra essi.
Il problema della posizione propria di un corpo è un punto cruciale nella fisica newtoniana, lo spazio è un contenitore di cose, ma la spazialità, intesa come distanze relative, può essere rilevata solo in termini di posizioni tra oggetti, quindi di concetti quali moto, fermo, distanza.
Newton è costretto ad introdurre un sistema di riferimento privilegiato, assoluto ed immobile (che i nostri studenti conoscono come “stelle fisse”) rispetto al quale determinare la posizione relativa tra corpi, tutti i sistemi di riferimento in moto rettilineo uniforme con tale sistema di riferimento assoluto, sono detti inerziali e sono equivalenti ai fini della cinematica del moto, essi pertanto sono sistemi di riferimenti privilegiati..
L’introduzione di un sistema di riferimento assoluto è cruciale nella crisi del modello di cronotopo newtoniano [2] , è possibile definire una distanza tra i corpi indipendentemente dal sistema di riferimento? E’ possibile definire la posizione propria di un corpo indipendentemente dalla posizione rispetto ad un altro corpo?
Se sostituiamo lo spazio e il tempo newtoniano con uno spazio permeato da orologi e righelli, che chiamiamo qui spazio-tempo galileiano lo spazio diventa uno spazio di posizioni relative (attenzione questo punto è cruciale per capire lo spaziotempo di Einstein!), in questo spazio la descrizione delle distanze è subordinata al fatto che lo spazio stesso sia permeato da cose e la posizione spaziale e temporale di un corpo può essere fatta se in ogni punto ho un orologio o un righello. Ne segue uno spazio tempo che rispetto a newton non ha un sistema di riferimento privilegiato e neppure una velocità assoluta. Figura 1 (sull’asse verticale i tempi, le rette sono dette linee di mondo).
In questo spazio tempo, sia newtoniano che galileiano, l’accelerazione è un invariante ed anche la simultaneità degli eventi.
Riassumendo nello spazio newtoniano ogni corpo ha una sua posizione rispetto ad un sistema assoluto a riposo e la sua storia spaziale viene descritta dalla sua dinamica, nello spazio Galileiano risulta invece difficile immaginare una metrica spaziale senza riempire lo spazio di cose.
Nello spazio tempo della fisica classica ogni oggetto segue una sua linea di mondo che è retta a meno che non intervengano forze esterne.
L’introduzione di uno spazio e di un tempo assoluto porta a conseguenze matematiche che sono state criticate già nell’ottocento da vari pensatori, Mach su tutti. Secondo Mach, l’introduzione di sistemi di riferimenti assoluti comporta l’introduzione di forze apparenti che non sono coerentemente spiegate nel modello.
Mach scrive: “Secondo me, tutto sommato, non esiste che un moto relativo e non scorgo a questo riguardo alcuna distinzione fra la rotazione e la traslazione. Una rotazione relativa alle stelle fisse dà origine in un corpo a delle forze di allontanamento dall’asse. Se la rotazione non è relativa alle stelle fisse, queste forze di allontanamento non esistono. Io non mi oppongo al fatto che si dia alla prima rotazione il nome di assoluta, però non si deve dimenticare che essa non è altro che una rotazione relativa rispetto alle stelle fisse. Possiamo fissare il vaso d’acqua di Newton, poi fare girare il cielo delle stelle fisse e provare allora che queste forze di allontanamento non esistono? Questa esperienza è irrealizzabile; questa idea è priva di senso, poiché i due casi sono indiscernibili fra loro nella percezione sensibile. Dunque io considero questi due casi come ne formassero uno solo e la distinzione che ne fa Newton come illusoria”.
Ed ancora: “Tutte le masse, tutte le velocità, quindi tutte le forze sono relative. Non esiste differenza tra relativo e assoluto, che noi riusciamo a cogliere coi sensi. D'altra parte non c'è ragione che ci costringa ad ammettere questa differenza, dato che l'ammissione non ci porta vantaggio né teorico né di altro ordine. Gli autori moderni che si lasciano convincere dall'argomento newtoniano del vaso d'acqua a distinguere fra moto assoluto e moto relativo, non si rendono conto che il sistema del mondo ci è dato "una sola volta", e che la teoria tolemaica e quella copernicana sono soltanto "interpretazioni" ed entrambe egualmente valide. Si cerchi di tener fermo il vaso newtoniano, di far ruotare il cielo delle stelle, e di verificare l'assenza delle forze centrifughe».[3]
Per Mach lo stato di un corpo, la sua linea di mondo, non può essere determinata rispetto a un sistema di riferimento privilegiato, ma dipende dalla massa di altri corpi nell’intero universo.
Anche lo spazio tempo di Maxwell che considera le rotazioni e la simultaneità come invarianti, non convincono Mach e neppure il giovane Einstein. Nel 1905, l’articolo di Einstein sull’elettrodinamica dei corpi in movimento [4], ha segnato una svolta cruciale nella storia della fisica, ma soprattutto ha portato ad una nuova concezione del cronotopo fisico. Nel suo articolo del 1905 , in relazione al problema dell’etere (inteso come spazio materiale assoluto rispetto al quale misurare le distanze,) Einstein afferma che non è possibile stabilire un sistema di riferimento assoluto rispetto a cui definire le nozioni di riposo e moto, anzi tale sistema di riferimento è non necessario. Einstein immagina lo spazio come una entità omogenea, riempita da cose rispetto al quale misurare le distanze e definire lo stato di moto.
Punto cruciale alla base della teoria è che la velocità della luce è finita ed è la massima velocità raggiungibile, ma soprattutto che la luce ha sempre la stessa velocità indipendentemente dal sistema di riferimento da cui si misura (si veda esperimento di Michelson e Morley). E’ naturale quindi modificare il concetto di spazio e di tempo in relazione a questa affermazione. In particolare un corpo in movimento “modifica”, rispetto ad un osservatore a terra, le sue dimensioni spaziali (contrazione) e temporali (dilatazione).
Einstein stesso riflette sul fatto che la dilatazione temporale e la contrazione spaziale è solo una conseguenza cinematica della teoria [5]. Il tempo di un evento e la lunghezza di un regolo rispetto ad un oggetto in movimento non sono modificate , lo sono solo se effettuiamo una sua misura cinematica (se portiamo il righello e l’orologio in uno stato di riposo le misure di spazio e tempo tra due osservatori in quiete non cambiano). Attenzione pertanto a questo concetto: la modifica dello spazio e del tempo nasce dalla sua misura cinematica. Nello spazio newtoniano e galileiano questo non accade: ogni sistema di riferimento leggerà la stessa lunghezza per il regolo e di tempo per gli orologi.
Per stabilire una definizione fisica di tempo occorre delineare in che modo gli orologi possono essere sincronizzati. Einstein adotta una sincronizzazione basata sulla velocità della luce che non è istantanea, pertanto il tempo perde la sua natura di assoluto. Se un evento avviene in un punto A, un corpo in un punto B potrà leggere tale evento solo dopo un certo intervallo di tempo. Questo limite superiore alla velocità (che è invece infinita nella fisica newtoniana) comporta che lo spaziotempo non è più stratificato in piani simultanei a meno che non accadano nello stesso tempo e nello stesso luogo .
Ogni osservatore in relatività è descritto da una propria linea spazio temporale (geodetica), sul quale è scritta tutta la sua storia spazio temporale.
Sulla perdita della simultaneità Godel afferma [6]: “ …Da questo strano stato di cose si è condotti a conclusioni sulla natura del tempo, che sono davvero di grande portata. In breve, sembra che ne derivi prova inequivocabile della tesi di quei filosofi, i quali, come Parmenide, Kant e gli idealisti moderni, negano l’obiettività del mutamento e considerano questo come una illusione o una apparenza dovuta al nostro speciale modo di percezione. Il ragionamento è il seguente: il mutamento avviene soltanto nel lasso di tempo. L’esistenza di un obiettivo lasso di tempo, tuttavia, significa, oppure è equivalente al fatto che, la realtà consiste in una infinità di “ora”, che entrano uno dopo l’altro. Ma se la simultaneità è qualcosa di relativo nel senso ora spiegato, non si può dividere la realtà in tali strati in un modo obiettivamente determinato. Ciascun osservatore ha il proprio insieme di ora e nessuno di questi diversi sistemi di strati può rivendicare la prerogativa di rappresentare l’obiettivo lasso di tempo”.
Lo stesso Godel poi afferma che alcune soluzioni delle equazioni di Einstein portano a concludere che non è possibile definire un tempo assoluto per tutti gli osservatori, anche se introduciamo una trasformazione di coordinate. In base a queste ragioni, può sembrare difficile costruire un teoria che sia univoca, eppure la teoria della relatività è la teoria degli invarianti: invariante è la velocità della luce, ma soprattutto il tempo locale e il tempo che ogni sperimentatore vive. Il tempo segnato da un orologio è sempre lo stesso indipendentemente dal fatto che un osservatore sia fermo o stia cadendo su un buco nero a velocità prossima a quella della luce, in questo senso come dice Dieks noi sperimentiamo il tempo localmente [7].
Immaginiamo lo spazio permeato da tanti orologi, ogni orologio scorre segnando un proprio tempo, in maniera costante (almeno nello spaziotempo piatto della relatività ristretta). In sostanza quando due corpi sono a riposo essi vivono lo stesso flusso temporale, che però si modifica quando sono in moto relativo (paradosso dei gemelli) La centralità di tale punto di visita è che ogni evento è un fatto puramente locale e la successione di eventi fisici è una successione di posizioni spazio temporali rispetto al proprio spaziotempo.
Quando pensiamo al tempo tendiamo a spazializzarlo, al movimento in auto lungo le strade di una città, associo il flusso del tempo alle cose che osservo, noto una chiesa, una casa, un bar, cioè il tempo viene descritto in termini di spazialità; anche se è una visione errata, descrive bene la visione il moto di un corpo nelle quattro dimensioni. Non più un moto solo spaziale, ma un corpo che descrive una traiettoria nello spazio e nel tempo, e l’unico modo per misurare le distanza è farlo introducendo una metrica spaziotemporale in 4 dimensioni [8]. In questo senso il cronotopo nella relatività generale si legge come un legame strettissimo, indissolubile, tra spazio e tempo.
Il fatto che la velocità della luce sia finita comporta che solo determinati eventi siano collegati (casualmente) nello spaziotempo, pertanto un evento qui non può essere messo in relazione (ed influenzare) eventi in uno spaziotempo separati (relatività della simultaneità). Il rapporto causa - effetto, pur conservato esiste solo tra alcune regioni spaziotemporali, nessun punto qui ed ora è in relazione con altri punti di eventi sconnessi spaziotemporali (in pratica esistono regioni dello spaziotempo non connesse in termini di interazioni). Poiché non esiste un sistema di riferimento assoluto, non ha senso parlare di una linea spazio temporale privilegiata, non ha senso definire un universo ora, ma ha senso assegnare un “ora”, un adesso ad ogni singola linea spazio temporale. Lo spaziotempo proprio diventa il soggetto principale della relatività di Einstein.
La vera e propria rivoluzione fisica, però, deve ancora avvenire. Dal 1907 Einstein pubblica una serie di lavori che si concretizzano in una visione più globale della geometria dello spaziotempo. Sostanzialmente nel suo principio di equivalenza Einstein afferma che qualunque esperimento locale non gravitazionale (ad esempio le interazioni elettrostatiche) non dipende dalla velocità del sistema di riferimento in caduta libera ed è indipendente dal luogo e dal tempo dell’Universo dove esso viene eseguito. Con la Relatività Generale Einstein descrive la gravità non più in termini di forza, ma come una proprietà geometrica dello spaziotempo curvo. Come su una superficie curva, si modificano le “regole” base di una geometrica piatta euclidea (la somma degli angoli di un triangolo costruito su una sfera non sono necessariamente supplementari).
Nella relatività ristretta le distanze spaziotemporali tra due eventi sono descritti da una metrica di Minkowski che è piatta, ma tale metrica si modifica in presenza di una massa. Una massa sostanzialmente modifica lo spaziotempo locale.
Le equazioni di campo di Einstein sono 10, richiedono una matematica complessa, ma ci dicono due cose: la geometria dello spazio tempo è scritta nel ferro (il primo membro delle equazioni), ha una descrizione matematica ben precisa, ma tale geometria è determinata dal secondo membro dell’equazione, scritta nel legno, ovvero la densità di materia locale. E’ la materia che modifica la metrica, quindi le distanze spaziotemporali, è un osservatore si vede muovere lungo una geometria curva (nelle 4 dimensioni) che varia in relazione al punto dove si trova . Il cronotopo della Relatività Generale è una struttura complessa, fortemente variabile e fortemente locale, è per questo che la relatività generale non ci fornisce alcuna informazione globale sull’intera geometria dell’universo, ma diventa attore principale lo spaziotempo proprio.
Riassumendo: lo spazio ed il tempo in relatività ristretta hanno una natura locale, esiste il mio tempo, il mio spazio (proprio). La misura di spazio e tempo di altri osservatori rispetto a me è effettuata ci nematicamente . La visione della relatività ristretta è quella di un cronotopo piatto (una sorta di geometria euclidea ma in 4 dimensioni) che ad oggi ben descrive il cronotopo del nostro Universo. Non tutti i punti spazio temporali dell’universo sono collegati (esiste solo il qui ed ora, ma non l’ora, l’adesso per tutti)
In relatività Generale invece la metrica del cronotopo viene influenzata localmente dalla densità dei corpi, in misura molto maggiore in prossimità di oggetti elusivi come i buchi neri. La curvatura dello spazio tempo non è solo spaziale, ma anche temporale, pertanto è il flusso del tempo a cambiare. Ovviamente anche qui un osservatore non si accorgerebbe del diverso scorrere del flusso spaziotemporale, perché per farlo deve utilizzare strumenti che sono essi stessi soggetti a tale curvatura; è solo un osservatore esterno che può misurare la variazione del flusso spaziotemporale di un altro.
Per dirla con una famosissima frase di De Broglie: Nello spazio-tempo, tutto ciò che per ciascuno di noi costituisce il passato, il presente e il futuro è dato in blocco... Ciascun osservatore col passare del suo tempo scopre, per così dire, nuove porzioni dello spazio-tempo, che gli appaiono come aspetti successivi del mondo materiale, sebbene in realtà l'insieme degli eventi che costituiscono lo spazio-tempo esistesse già prima di essere conosciuto.
Le trasformazioni dello spazio tempo sono un effetto della variazione di posizione di un corpo rispetto alla velocità della luce, in relatività ristretta. Il concetto di flusso di tempo come lo intendiamo nella vita quotidiana deve essere sostituito con lo spaziotempo, che non è più costituito da una successione di ora, ma di posizioni spaziotemporali, che non sono le stesse per diversi punti dell’universo e che in più sono variabili in base alle massa delle “cose” che le vivono.
La teoria di Einstein ci dà una visione del cronotopo che è però solo limitata. La sua formulazione non locale in termini di una sua teoria più ampia, in seno alla meccanica quantistica, nasce necessariamente dal discretizzare il concetto di spaziotempo, fino a perderne le sue stesse proprietà.
Bibliografia
[1] Brown, H. R. (2005). Physical relativity: space-time structure from a dynamical perspective. Oxford: Clarendon Press.
[2] Friedman, M (1983). Foundations of space-time theories. Princeton: Princeton University Press
[3] Mach, E. La meccanica nel suo sviluppo storico-critico. Introduzione e traduzione di Alfonsina D'Elia. Anno 1992. Collana Universale Bollati Boringhieri.
[4] EINSTEIN A., "L'elettrodinamica dei corpi in moviment", trad. it. di S. Antoci, in rete alla pagina:
http://matscLunipv.it/persons/antoci/re/einstein05.pdf
[5] Einstein, A. (1993 [1911]) The theory of relativity. In, The collected papers of Albert Einstein (English translation), Vol.3, pp. 340-350. Princeton: Princeton University Press.
[6] K. Godel, Relationship between Relativity Theory and Idealistic Philosopy,1949
[7] Dieks, D. (1988). Special relativity and the flow of time. Philosophy of science, 55, 456-460.
Dieks, D. (2006). Becoming, relativity and locality, in D. Dieks (ed.), The ontology of spacetime, Vol. 1. Amsterdam:
Elsevier
[8] J.B. Priestley, L’Uomo e il Tempo, Sansoni, 1974
[9] Robert M. Wald, General Relativity , University of Chicago Press, 1984
[10] le immagini sono tratte da http://ls.poly.edu/~jbain/spacetime/lectures/11.Spacetime.pdf