Ancora successi e riconoscimenti per l'approccio laboratoriale di didattica della fisica del prof. Alfonso D'ambrosio curatore sul sito di Professionisti Scuola Network della rubrica di laboratorio povero.
Il Gazzettino di Padova, in un articolo da poco pubblicato, ha evidenziato la felice esperienza che sta entusiasmando diversi allievi impegnati in un progetto didattico che potrebbe dare futuri scienziati al nostro Paese.
In questo contesto gli alunni del prof. D'ambrosio hanno realizzato tra le altre cose una serra tecnologica, gestita elettronicamente, con pannelli fotovoltaici ruotanti in relazione all'inclinazione del sole e un sistema azionabile a distanza per nutrire i pesci dell'acquario. Ma anche esperimenti di levitazione magnetica, immaginando di poter spostare gli oggetti con il calore prodotto da un laser. Fino a un modello "empirico", capace di simulare lo spazio-tempo per studiare concretamente la teoria della relatività di Einstein.
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Tutto questo accade ogni giovedì a Monselice, all'Istituto Kennedy, nel laboratorio pomeridiano di fisica del professore D'Ambrosio e della collega Silvia Veronese. Un posto specialissimo, frequentato oltre l'orario di scuola da studenti selezionati per le loro menti brillanti, dove i materiali poveri vengono lavorati fino a diventare modelli in grado di spiegare le più complesse leggi della fisica. A guidare il corso è per l'appunto il professor D'Ambrosio, il quale offre entusiasticamente ai giovani la possibilità di sperimentare in concreto la materia, con l'ambizioso obiettivo di partecipare all'Expo di Milano, il cui tema principale è, non a caso, "l'energia per la vita". La professoressa Veronese, invece, si occupa principalmente della parte elettronica, utilizzando Arduino, una piccola scheda elettronica molto utile per creare dei prototipi. I giovani protagonisti del laboratorio hanno tra i 15 e i 18 anni. Studiano all'Itis o all'indirizzo agrario. E per molti di loro la fisica è una vera passione, che a casa utilizzano per realizzare piccoli robot o per escogitare nuovi esperimenti. Magari guidati via chat dal modernissimo professor D'Amborsio, che insiste sull'importanza di utilizzare la tecnologia anche per lo studio. Il progetto al centro del laboratorio 2015 è il modello spazio-temporale, realizzato con la struttura di un tavolo circolare, il cui piano è un ritaglio di spandex (una fibra sintetica elastica), sul quale gli studenti hanno realizzato delle griglie con i pennarelli. Utilizzando delle sfere di varie misure e peso, unitamente a un programma informatico creato da loro stessi, i ragazzi possono studiare il cronotopo e la creazione del sistema solare, riescono a simulare le maree e il moto di Keplero, l'antigravità e persino la deflessione della luce.
PSN ha intervistato il prof. Alfonso D’Ambrosio per capire quale sia il segreto alla base del successo del suo approccio didattico-laboratoriale:
D: Qual è la metodologia didattica che utilizza?
R: Non mi piacciono le sigle, trovo siano un modo di inquadrare le cose. Dovendo però definire la mia metodologia didattica, posso dire che utilizzo soprattutto l’IBSE, Inquiry Based Science Education. L’Inquiry è una metodologia che si presta bene nelle discipline scientifiche (ma anche nelle dinamiche aziendali). Utilizzo il modello delle 5E: Engagement, Explore, Explain, Elaborate, Evaluate.
Quest’anno scolastico 14/15 sono riuscito, grazie alla lungimiranza del mio dirigente scolastico (IIS Kennedy di Monselice, Padova), a far partire un corso pomeridiano sul Laboratorio povero di Fisica, avvalendomi della collaborazione esperta della prof. Silvia Veronese.
Spesso la molla che fa partire una attività o la realizzazione di un progetto vengono dalle ultime scoperte scientifiche (in sostanza leggo gli ultimi preprint o articoli di didattica e non, presenti nelle maggiori riviste scientifiche).
Si pensa ad un fenomeno da indagare con gli alunni, gli studenti pensano a come e a cosa serve per progettarlo (chiodi, trapano, materiali, tutto insomma), si realizza materialmente il progetto, poi si eseguono le misure o lo si collauda.
La cosa divertente è che spesso un progetto nasce con un fine, ma poi porta a nuove domande e quindi a nuovi progetti. I ragazzi imparano a collaborare, a crescere insieme, sperimentano anche l’importante dimensione del fallimento (non sempre tutti i progetti vengono conclusi);
D: In che modo viene svolta una lezione?
R: Innanzitutto i progetti vengono realizzati in attività extracurriculari (in classe svolgo attività già collaudate da me negli anni precedenti e reperibili su professionisti scuola nella mia rubrica settimanale). Gli studenti si suddividono liberamente in gruppi misti.
L’approccio è quello di un cooperative learning aziendale: ogni gruppo realizza qualcosa, un pezzo di un prototipo o di una attività didattica oppure chiede ad altri gruppi di farsi aiutare se ci sono difficoltà.
D: Qual è il progetto che più l’ha coinvolta quest’anno?
R: La Relatività Generale resta il mio amore e la mia passione fin da adolescente (sono un astrofilo dall’età di 16 anni), passione che mi sono portato dietro fino alla mia tesi di fisica e poi con il dottorato. Eppure la teoria di Einstein viene studiata a scuola solo in maniera qualitativa oppure resta una teoria fatta di frasi ad effetto, “la curvatura dello spazio tempo” , “un buco nero evapora”.
Un approccio sistematico, organico della Relatività Generale (che serva anche a sfatare certi miti), non l’ho mai trovato sui libri di testo delle superiori che ho consultato. Mi sono chiesto come ed in che modo è possibile realizzare esperimenti quantitativi, magari su superfici curve ? In tal senso è stato utile il confronto con un dirigente scolastico, con il quale realizzeremo un più ampio progetto sul cronotopo.
Così come da stimolo sono state le giornate di formazione che ho avuto con la prof.ssa Michelini ad Udine.
Già perché credo fortemente in un aggiornamento continuo e costante da parte di noi docenti.
D:In che modo entrano le tecnologie?
R: Spesso la rete è tempestata di app, di software didattici. Esistono numerose comunità di docenti “digitali” (anche se poi nella pratica ne ho conosciuti pochi). La mia non è una ricerca all’ultimo software. Utilizzo molto la tecnologia (non solo facebook o i forum per comunicare con i miei alunni), ma soprattutto come “mezzi” per condurre gli esperimenti in classe. Non mi interessa usare un software piuttosto che un altro, a me interessa far capire quella legge fisica, mi interessa far emergere un modello coerente.
Non avete idea di quanta tecnologia e quanta fisica si possa fare con uno smartphone !
Aggiungo che quest’anno ho avviato una bellissima collaborazione a distanza con la collega Marilena Viggiano di Eboli (Sa), per ora concretizzatasi con un proficuo scambio di riflessioni su progetti in essere. I nostri alunni, poi, hanno avuto la possibilità di mostrare i propri progetti in una videoconferenza skype!
Gli studenti del prof. D'Ambrosio sono dunque i protagonisti nella sua didattica laboratoriale ed è per questo che PSN ha posto loro le domande di seguito riportate:
- l'approccio seguito è diverso dal solito modo di fare scuola? In che senso? Quali sono i pregi e difetti delle lezioni ?
- hai appreso con migliori risultati o meno seguendo questa metodologia in cui siete protagonisti attivi ?
- questo modo di lavorare per ricerca (anche costruendo il tuo apparato) ti ha coinvolto ? Come ? Quali sono le tue riflessioni ?
Queste le risposte degli allievi:
Riccardo Stevanin: L'approccio è a mio parere molto diverso ed in senso positivo. Le esperienze si riescono a capire meglio perché le studiamo insieme, ma soprattutto le costruiamo e durante la strada riusciamo a capire bene anche gli errori che sono stati fatti .
Io più che essermi sentito coinvolto ho fatto ciò che mi piace fare imparando cose che non avrei mai imparato magari teoricamente su un libro!!
Eleonora Sturaro: L'approccio è sicuramente diverso dal solito modo di fare scuola, ovvero impariamo e studiamo cose nuove sperimentando piuttosto che stando su un banco a leggere un libro. Con questo metodo ho appreso meglio perché dopo aver avuto nozioni teoriche ho visto in modo pratico ciò che accadeva e ciò ha fatto in modo che mi rimanessero impresse. Questo modo di lavorare mi ha coinvolto perché abbiamo fatto ipotesi, calcoli e misurazioni anche con il docente, che era curioso quanto noi di vedere i risultati delle varie ipotesi.
Stefano Rosso: L'approccio è stato sicuramente positivo, soprattutto in una scuola come il Kennedy che offre strutture e supporto per la prova pratica delle nozioni apprese in classe.
Pregi appunto, oltre ad applicare la teoria, ci si toglie anche qualche soddisfazione personale (dal punto di vista anche di programmatore). Difetti magari la confusione che si può creare quando non si organizza bene il lavoro o non si riesce a cooperare.
Con qualche vecchio ricordo di chimica e fisica dei primi due anni riuscivo a capire quello che gli esperimenti provavano, quindi comunque molto diretto ed efficace.
Il metodo "per progetti" mi ha coinvolto direttamente e comunque messo a contatto con chi magari condivide una stessa passione o con cui si possono scambiare idee e pareri.
Filippo Iruni: Ho appreso meglio rispetto ad una lezione frontale perche prima faccio l’esperimento e dopo faccio la relazione teorica. Mi ha coinvolto tantissimo perche costruendo noi i prototipi e gli esperimenti riusciamo meglio a capire anche come funzionano e a cosa servono.
Sara Cucco: L'approccio è diverso dal solito modo di fare scuola perché ti permette tramite la pratica di capire meglio la teoria infatti ho appreso quello che nei libri sarebbe stato molto più difficile apprendere e più velocemente . Si mi ha coinvolta e interessata perché non avevo mai trattato in maniera approfondita questi argomenti quindi è anche un opportunità per scoprire cose nuove.
Elia Bertin: l'approccio è completamente diverso dalla classica scuola dove la pratica è quasi abolita a meno che non si vada in un istituto professionale. Infatti facendo lezioni di questo genere si impara oltre alla la normale teoria, che a volte per noi studenti è una rottura di scatole, ad applicare ciò che si studia nella vita di tutti i giorni e/o migliorandola sempre di più per poi capire che alcune cose che riteniamo incredibili si basano su qualche semplice legge fisica, chimica etc. L’unico difetto che ho riscontrato è che a volte come tutte le cose, si può fallire in un esperimento, magari nel quale ti ci eri impegnato. Ciò fa parte della ricerca scientifica: alcuni esperimenti vanno, ad altri bisogna rinunciarci oppure ricominciarli. Personalmente ho appreso molto meglio che nelle ordinarie lezioni perché mi sono trovato nella condizione in cui al posto di apprendere su un foglio di carta, ho creato io dal vivo le mie competenze.
Il lavoro sul mio progetto mi ha occupato molto tempo sia scolastico che extra scolastico, perché continuava a girarmi in testa quale fosse il modo migliore per poterlo realizzare al meglio. Il lavorare al progetto poi serve anche per confrontarsi con gli altri , a scambiarsi le idee riguardo al modo di raggiungere insieme uno stesso obbiettivo dove alla fine ogni uno ci ha messo del proprio !